ROTTA FUTURA

le 10 domande dei Radicali su Telekom Serbia - 15 anni dopo



Il 2 ottobre del 2002 sul giornale L'Opinione uscì un articolo di Dimitri Buffa che poneva con "tipico coraggio radicale" dieci domande sullo scandalo di Telekom Serbia. Non sulla questione delle "tangenti", sull'operazione in se, con cui il nostro governo (Prodi I, con Ciampi, Bersani, Maccanico) finì con il regalare 600 miliardi di lire al regime di Milosevic.
Fatte le domande nel 2002, quando poi ebbero eletti in Parlamento, i radicali vennero colpiti dalla "tipica smemoratezza radicale".

Chi si ricorda più di Telekom Serbia?

"Nessun radicale fa parte del parlamento italiano e quindi tanto meno di alcuna commissione parlamentare d'inchiesta.

Ce ne sta una di queste ultime però che avrebbe veramente tanto bisogno di un'iniezione di radicale verità e onestà intellettuale per procedere spedita verso l'accertamento dei fatti. Quale? 

Avete indovinato quella su Telekom Serbia. Basti dire, tanto per non fare nomi, che persino la figura di Ciampi, all'epoca dei fatti ministro del Tesoro, potrebbe restarvi invischiata. 

I Radicali piemontesi insieme a Benedetto della Vedova, esperto economico e societario della galassia pannelliana, hanno quindi approntato alcune domande, in tutto dieci, che nelle loro intenzioni sarebbero dovute essere rivolte ai giudici piemontesi guidati dal procuratore capo Marcello Maddalena che ieri hanno sfilato a San Macuto.

La prima domanda verte sull'eventuale accertamento su "cosa ci facesse a Torino, nel 1994, una delegazione d'affari serba". Chi incontrò? - si chiedono i radicali - era legittimo che tale delegazione si muovesse liberamente in presenza di un embargo economico alla Serbia e, last but not least, "il vecchio governo Berlusconi ne era informato?"

La seconda "domanda" è in realtà un suggerimento alla commissione oltre che agli stessi magistrati torinesi: ascoltare come testimoni gli ex-ambasciatori italiani a Belgrado Francesco Bascone e Riccardo Sessa; l' ex-direttore generale degli Affari economici della Farnesina, Federico Di Roberto; Mario Draghi che nel '97 era direttore generale del Ministero del Tesoro; Guido Rossi che nel '97 era presidente di Telecom Italia ; Douglas Hurd l'ex-ministro degli Esteri inglese; Ljubisa Ristic ex presidente della JUL, il "partito degli affari" nel regime di Milosevic. 

La lista dei testi serbi da sentire include per i Radicali italiani del Piemonte anche Milan Beko ex ministro delle privatizzazioni nel ?97; Mihalj Kertes ex-capo delle dogane serbe, gran conoscitore del sistema dei "fondi neri" di Milosevic; Borka Vucic, direttrice generale della Beogradska Banka e "mente finanziaria" del regime di Belgrado.

Nikola Sainovic, faccendiere in realtà inseguito da un mandato di cattura del Tribunale Internazionale dell'Aja per crimini di guerra; Milorad Jaksic , ex direttore di Telekom Serbia; Aleksa Jokic, ex direttore delle poste serbe e infine Dragan Tomic che nel ?97 era presidente del Parlamento serbo, e che risulta presente a Torino nel 1994. 

La terza domanda è di quelle retoriche: "vi risulta corrispondere al vero quanto riportato dal quotidiano belgradese Blic il 24/05/02 e cioè che molti dei signori serbi citati sono stati interrogati dagli inquirenti di Belgrado, che la magistratura torinese era stata informata a tempo debito di tali interrogatori e che dall'Italia non si è fatto vivo nessuno?" 

Inoltre i radicali chiedono come corollario a questa domanda se è vero che "copia dei verbali degli interrogatori suddetti sono pervenuti a Torino, come dichiarato dagli inquirenti serbi". 

Altra ventilata omissione è contenuta nel testo della domanda numero quattro che chiede "se corrisponda al vero quanto riportato dal giornale belgradese Nedeljini Telegraf del 12/06/02, secondo cui né gli inquirenti locali né quelli italiani hanno richiesto alle poste serbe alcuna documentazione sull'affaire".

Il quinto rilievo sotto forma di interrogazione è tutto per i magistrati torinesi: "non avete concesso udienza ai radicali italiani che pure l'avevano chiesta perchè ritenevate la loro testimonianza inutile alle indagini"?

Poi si passa a domande più dirette, come quella che deriva dall'intervista rilasciata a Radio Radicale il 25/06/02 dal signor Giovanni Di Stefano, un amico del sedicente "comandante Arkan", la famosa "tigre", e di Milosevic. In tale intervista Di Stefano ha detto fra l'altro che "anche un deputato di An era molto vicino a questa faccenda qui". 

E che avrebbe persino contribuito alla stipula del contratto e per identificarlo si può dire che "all'epoca dei fatti era pilota e ha trasportato la delegazione Telekom-Serbia e in seguito che è stato eletto alla Camera dei Deputati."

Anche la domanda numero sette parte da un' intervista rilasciata dal signor Di Stefano, stavolta al giornale on-line "Lo spettro".

Di Stefano rispondendo alla domanda "che idea si è fatto della vicenda Telekom Serbia?", afferma testualmente: "ho fatto già molte dichiarazioni in merito a questa vicenda...una cosa è sicura: che il presidente della Repubblica Scalfaro era a conoscenza di tutta la vicenda; Dini era più di altri a conoscenza e Piero Fassino era anche lui a conoscenza. 

Milosevic voleva fare una richiesta formale al presidente Scalfaro per un annuncio pubblico dell'operazione. Non conoscevano il numero di fax del Quirinale. E così ho procurato il numero di fax e abbiamo spedito una richiesta al presidente Scalfaro per invitarlo a presentare pubblicamente questa operazione. Non so cosa sia successo dopo. Dini era a conoscenza di tutti i dettagli tramite la nostra ambasciata a Belgrado". I radicali adesso chiedono ai giudici di Torino se hanno mai sentito questo Di Stefano.

Le ultime tre domande che i Radicali italiani vorrebbero fare ai magistrati di Torino vertono sull'esistenza della società macedone Mak environment e della società inglese Williams e sui loro titolari, sul coordinamento delle indagini italiane con quelle serbe e su eventuali incontri fra inquirenti e, infine, sulla velocità delle procedure internazionali in seguito all'eventuale intervento dell'attuale ministro Guardasigilli.

Inutile dire che si tratta di argomenti molto delicati, poco politically correct e ancora meno opportuni per il clima di inciucio stabilitosi tra maggioranza e opposizione un po' su tutto. Ma a maggior ragione andrebbero fatte. I radicali esistono per questo."