ROTTA FUTURA

Manifesto per la sovranità e i diritti dei popoli

 

L’Europa e la guerra

L’Europa non è l’Unione Europea: mai come in questo momento è evidente la radicale divergenza tra le politiche delle istituzioni di Bruxelles e gli interessi reali dei Popoli europei. Una bolla mediatica, dotata di una distopica capacità di falsificare la realtà, sta portando tutta l’Europa verso l’isolamento mondiale e verso una possibile catastrofe bellica.

Gli attuali governi europei non vogliono accettare l’emergere di un nuovo

Mondo multipolare, che trova espressione politica ed economica nei BRICS. Questa realtà, pur tra mille (feconde) differenze, si sta coalizzando per superare l’egemonia statunitense e il modello unipolare nato dalla fine della guerra fredda, con l’intento dichiarato di costruire un nuovo modello geopolitico fondato sull’autodeterminazione dei popoli.

Questo Mondo multipolare per trovare un nuovo equilibrio ha bisogno di un’Europa totalmente diversa da quella attuale.

La prima vera sfida per le Nazioni europee è quella di fermare la guerra ai propri confini, prima che ci travolga nella barbarie, nella depressione economica e nel rischio di un conflitto nucleare.

Per uscire da questo processo degenerativo in accelerazione è necessario imporre subito un cessate il fuoco in Ucraina e in Palestina, emergenze di fronte a cui ogni giorno perso è un crimine contro l’umanità e la giustizia.

Occorre riconoscere che la NATO, finita la contrapposizione tra i due blocchi con il venir meno dell’URSS, è passata da un ruolo difensivo ad un ruolo offensivo, a sostegno di un mondo unipolare a guida americana, inducendo l’Italia a violare più volte l’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali. È tempo, quindi, di mettere radicalmente in discussione lo strumento dell’Alleanza atlantica.

Ma per fermare la guerra non bastano i buoni sentimenti o un mero atteggiamento pacifista, non basta neppure la paura. Occorre una nuova visione politica e sociale in linea con i tempi che stiamo vivendo.

Popoli e cittadini in ostaggio di un’oligarchia

L’Unione Europea è guidata da un’Euro-casta che ha perso il contatto con la realtà: essa pratica un’austerità monetarista che produce deindustrializzazione, combina autoritarismo burocratico e liberismo ideologico (a seconda delle lobby che vuole favorire), alimenta in tutte le forme la divisione sociale, nega la tradizione storica e culturale della civiltà europea, e, nell’epoca della maggior crisi dell’egemonia globale americana, fa pagare ai popoli europei un prezzo altissimo pur di rimanere schiacciata all’ombra di quell’egemonia.

L’attuale premier Giorgia Meloni ha raccolto i voti di milioni di Italiani che volevano il cambiamento, ma oggi dimostra di perseguire un solo obiettivo: entrare nell’Euro-casta nell’illusione di condizionarla. La stessa trappola si era chiusa in precedenza, in forme diverse, su Matteo Salvini e Giuseppe Conte.

I cedimenti della Meloni, di Salvini e di Conte hanno lasciato l’Italia, a differenza di altri paesi europei, senza alcun fronte autenticamente antagonista ai potentati economico-finanziari euroatlantici. Oggi in Italia domina una politica che litiga su poltrone o controversie di costume, ma è concorde nel mantenere la nostra Nazione in una condizione di sudditanza in Europa e in Occidente.

L’ultimo grave atto politico compiuto insieme dal centrodestra di Giorgia Meloni e dal centrosinistra di Elly Schlein, l’approvazione del nuovo Patto di Stabilità europeo, è la conferma del consociativismo della politica italiana nell’accettare i diktat finanziari dell’Unione Europea che portano l’Italia verso la recessione e verso la cancellazione progressiva di tutti i diritti sociali.

Questo dimostra, ancora una volta, che non è più possibile costruire il cambiamento rimanendo all’interno dei vecchi schemi oppositivi: destra liberale e sinistra liberal, progressisti e neoconservatori, sono solo due facce della stessa medaglia. Lo scontro artificiale tra centrodestra e centrosinistra, recitato solo a beneficio degli elettori, è riuscito per anni a bloccare il sistema politico, forzando spesso le migliori energie in alleanze imbarazzanti e inconcludenti. La precondizione per una rinascita politica è il superamento culturale profondo di questo schematismo stantio e paralizzante.

Una nuova visione politica

Abbiamo perciò bisogno di una nuova visione politica, di nuove alleanze sociali, di un nuovo radicamento in autentici valori umani.

Dobbiamo fermare la concentrazione della ricchezza in pochissime mani, quelle degli oligopoli multinazionali e della finanza internazionale. Bisogna denunciare il fallimento del capitalismo neoliberista che aumenta le divisioni tra i popoli e all’interno dei popoli, che non crea ricchezza, se non per pochi, e tantomeno sa distribuire ricchezza.

Contro questo nuovo totalitarismo è tempo di proclamare l’alleanza tra ceti popolari e ceto medio, tra classe lavoratrice e piccole e medie imprese, tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, l’alleanza di tutte le forme del lavoro, contro la rendita finanziaria e il dominio delle grandi corporation transnazionali, contro l’egemonia di élite sradicate e cosmopolite.

Dobbiamo proporre un nuovo modello di sviluppo in cui economia pubblica e privata sappiano cooperare nell’interesse del popolo e della nazione, dove la libertà di lavorare e la libertà d’intraprendere non siano confuse con il liberismo mercatista che permette alle multinazionali di sfruttare il lavoro e di distruggere l’economia reale.

È necessario fermare un’immigrazione oramai fuori controllo, diventata non solo un terribile dramma umanitario ma anche un’arma politica, culturale ed economica contro le identità e i diritti sociali dei popoli, sia quelli europei che quelli asiatici e africani.

Bisogna difendere l’ambiente con una cura autentica del territorio e della bellezza del nostro paesaggio, con un piano straordinario di manutenzione pubblica, fermando il consumismo “usa e getta”, la cementificazione e promuovendo le comunità agricole, respingendo l’inganno della cosiddetta “transizione green” pilotata da chi si è arricchito inquinando il mondo (il 70 per cento dell’inquinamento è causato dalle prime 100 multinazionali) ed ora vorrebbe trarre ulteriore profitto facendo finta di disinquinarlo.

Sentiamo il dovere di difendere la natura umana, le famiglie e le comunità, dalle manipolazioni genetiche e sanitarie, dall’ideologia gender, dalle forzature della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale, che nascono dagli interessi dei grandi oligopoli Big pharma, Big tech e Biotech, prima ancora che dalle elucubrazioni culturali del progressismo globalista.

In tal senso vanno tutelate la libertà delle persone e la sovranità delle nazioni dalla dittatura sanitaria dell’OMS, che vuole trasformarsi da consulente globale in legislatore sovranazionale sulla sicurezza sanitaria e hub commerciale dei cartelli che la finanziano. Stiamo attraversando una fase di neocolonialismo a livello globale, che investe ogni capo della vita: le idee, la cultura, l’economia, la salute, una rivoluzione antropologica che mina le radici stesse dell’essere umano.

La convergenza di sovranità, democrazia e multipolarismo

Affinché queste prospettive prendano corpo è necessario che ogni identità nazionale possa esprimere tutte le proprie potenzialità, uscendo dal meccanismo di subordinazione dell’Unione Europea e recuperando la sovranità popolare, fondata sulle Costituzioni votate dai popoli e base della democrazia.

Con la partecipazione dei cittadini e dei lavoratori dobbiamo rifondare gli Stati nazionali, che sono l’unico baluardo contro lo strapotere delle multinazionali, l’unico strumento che può aiutare i popoli e le comunità a decidere il proprio destino senza sottostare alle imposizioni del mercato globale. Restituire agli Stati nazionali la propria indipendenza, la piena sovranità economica e monetaria, la sovranità sui propri confini, è la chiave per difendere le identità culturali, per tornare a fare grandi investimenti di interesse pubblico, per garantire i diritti sociali e il diritto al lavoro di tutti i cittadini.

In Italia ricostruire lo Stato significa liberarsi dagli apparati deviati e diretti dall’estero, strumenti della nostra sudditanza, che hanno trattato con le mafie, che obbediscono alle tecnostrutture multinazionali ed euroatlantiche e che ancora oggi stanno nascondendo la verità sugli anni di piombo come sull’emergenza Covid.

Questi Stati nazionali indipendenti potranno ricostruire l’Europa solo partendo da una vera condivisione di principi e da una reale solidarietà economica e sociale, premesse necessarie per andare verso un modello confederativo di nazioni sovrane. Solo questa Europa potrà assumere un ruolo creativo nel nuovo Mondo multipolare, liberandosi della tutela USA, senza reprimere le identità e l’indipendenza dei nostri Popoli.

In tutto questo l’Italia ha molto da dire. Deve riportare l’attenzione dell’Europa sul Mediterraneo, con la sua Costituzione può insegnare l’equilibrio tra giustizia sociale e sviluppo economico, con il suo patrimonio storico e culturale può aiutare la cultura universale a liberarsi dalla cappa dell’egemonia woke e globalista, può cooperare con l’Africa senza le colpe del neocolonialismo delle multinazionali. L’Italia può essere, come è stata in passato, un ponte tra Nord e Sud, tra Occidente e Oriente, smettendo di essere solo un vagone a rimorchio dell’ormai decotta “locomotiva tedesca”.

Per costruire l’alternativa politica e culturale a partiti e apparati sudditi di un’Unione Europea senza valori e di un Occidente senza giustizia, chiamiamo a raccolta le donne e gli uomini che si muovono lungo la traiettoria della Pace, della giustizia sociale, del radicamento identitario e comunitario, della solidarietà tra i popoli e della scelta del dialogo e della diplomazia come risposta alle controversie internazionali.

Cominciamo oggi, senza rimanere prigionieri delle divisioni del passato, lottando per una Pace con Giustizia in Ucraina e in Palestina. Riscoprendo un futuro per l’Italia e per tutti i popoli europei.

 

Franco Cardini

Valentina Ferranti

Stefano Orsi

Enzo Pennetta

Andrea Zhok

 

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