ROTTA FUTURA

1989 - FdG a Nettuno - Chi ce l'ha fatto fare

Perché siamo andati a Nettuno

CHI CE L'HA FATTO FARE

di Gianni Alemanno (1 giugno 1989)

La cosa più difficile in circostanze come queste è  rispondere alla vecchia terribile domanda «Ma chi ve l'ha fatto fare?». I giovani del Fronte arrestati per la manifestazione di Nettuno questo interrogativo se lo sono sentiti ripetere mille volte in commissariato dai poliziotti che è verbalizzavano le loro deposizioni, in ospedale dagli infermieri che li medicavano, poi in carcere dai secondini perplessi di fronte a quelle facce di Bravi ragazzi. Forse oggi la stessa frase sarà sulle labbra dei genitori e dei parenti che li hanno accolti a casa.

Certo non è facile, di fronte alla tranquilla mentalità «borghese», o a quella ben più volgare del puro tornaconto personale, far penetrare la logica dirompente del sacrificio personale che si fa simbolo ed esempio, far comprendere che la politica -come ogni più alta attività umana - non è solo razionalità ed utilitarismo, ma anche mito, immagine, idea-forza. Certamente tutto ciò ha molto a che fare con quel "nocciolo duro» della dottrina fascista che noi non possiamo né vogliamo dimenticare. E quello che ci è capitato è indubbiamente ben poca e ridicola cosa di fronte a ben altri esempi e sacrifici che ci vengono dal passato, prossimo e remoto. 

Ma allora qual era il simbolo da lanciare quella domenica mattina a Nettuno? Quel simbolo che il brutale comportamento di una parte della polizia ha involontariamente amplificato e sottolineato? Il punto di partenza è Indubbiamente il modo in cui si può ricordare il passato. Si possono mantenere vive le ragioni umane e spirituali che mossero gli uomini a schierarsi su opposti fronti di battaglia, riuscendo però a voltare pagina con gli odi e le discriminazioni del passato. Oppure ci si può fondare proprio su quegli odi e discriminazioni perché li si ritiene ancora validi ed operanti per il presente e per il futuro. È quest'ultimo il modo con cui si è costruita la visita del Presidente Bush per il 45° anniversario dello sbarco di Anzio e di Nettuno. La portaerei al largo, le migliaia di Marines dispiegati nelle manifestazioni e persino nella vigilanza sull'ordine pubblico, la cerimonia solo al Cimitero americano, senza nessuna accenna ai Caduti dell'altra parte, nelle file tedesche e in quelle della Repubblica Sociale, la ritrita retorica atlantista, tutto sta a testimoniare che gli americani sono venuti a ricordare agli italiani di essere stati dei «liberatori» dalla «tirannide fascista». E il nome di quella liberazione è possibile per loro continuare a rivendicare, a quarantacinque anni di distanza, la leadership politica, militare e perfino morale di tutto l'«Occidente».

Non è un caso, secondo noi, che la visita ad Anzio sia stata collocata nell'immediata vigilia di quel vertice Nato a Bruxelles in cui Bush ha dovuto esercitare tutta la propria influenza per richiamare agli ordini gli alleati europei finalmente critici sull'opportunità di mantenere inalterati gli equilibri e le sudditanza ereditati dalla seconda guerra mondiale. Per cui la manifestazione di Nettuno non è stata solo la rivendicazione simbolica di un passato che ci appartiene - quello delle centinaia di paracadutisti e di marò delle Rsi caduti difendendo Roma dell'ivasione alleata -; è soprattutto il rigetto del tentativo di fondare un futuro di sudditanza su una lettura unilaterale ed inaccettabile di questo passato. C’è una Europa che cresce, che acquisisce consapevolezza delle proprie possibilità di respingere ogni logica imperiale, sia che provenga dall'Est come dall'Ovest, c'è la possibilità per tutti noi di tornare ad essere padroni del nostro destino, oltre ogni condanna, decretata a Yalta, di uscire dalla Storia. C'è insomma tutta una battaglia per l'indipendenza nazionale che ha senso solo se viene incarnata innanzitutto dalle avanguardie giovanili. In questa lotta di liberazione, che riguarda ed interesse ormai tutti gli schieramenti politici in cui è divisa la nostra comunità nazionale, noi soli possiamo portare una precisa memoria storica, che è quella legata al ruolo di occupanti e non di liberatori giocato dalle truppe anglo-americane nel 1945.

Ce n'era insomma abbastanza, di motivi ideali di concreti rivendicazioni politiche, per andare a rischiare qualche schiaffone di troppo da parte dei poliziotti servili e qualche serata passata dietro le sbarre. Adesso sta agli altri, tutto il Movimento riuscire a interpretare politicamente questi istanze e queste speranze dei nostri ragazzi.