ROTTA FUTURA

IL NEMICO DEMOCRATICO - di Roberto Pecchioli

IL NEMICO DEMOCRATICO

(copiato da "Inchiostro nero" - 28 agosto 2024)

Chi contrasta i miei principi, valori, interessi, è un avversario. Ho l’obbligo di rispondere con idee e argomenti migliori. Chi mi impedisce di esprimere, diffondere e difendere quei valori, quei principi, quegli interessi, è un nemico. Oggi nemico è il democratico. Esistono, nell’inconscio collettivo, alcune parole “divine”, intoccabili, i cui significati equivoci, elastici, non possono essere contrastati sotto pena di esclusione e repressione penale. Il sostantivo democrazia e l’aggettivo democratico sono le parole totem – insieme con progresso – del presente.
Non ci stiamo: affermiamo con fierezza di non essere democratici, non nell’accezione correnti. Innanzitutto una precisazione: la democrazia reale non è un principio, ma un metodo. A questa conclusione pervenne finanche Norberto Bobbio, per decenni sopravvalutato “papa” della cultura italiana. Un metodo per organizzare la società politica misurando il consenso in termini quantitativi, in base all’idea – discutibile – che a ogni vivente dotato di cittadinanza (conferita in base ai più vari criteri), una volta raggiunta una certa età, corrisponde un voto. Dalla somma aritmetica dei voti la democrazia fa discendere il diritto di esercitare il potere. Sorgono le prime obiezioni: la più ovvia riguarda il merito. Nessuno garantisce che l’opinione più diffusa sia quella giusta. Beffardamente, Nicolàs Gòmez Dàvila faceva rilevare che dalla sua sconfitta il democratico dovrebbe dedurre di avere torto, giacché così ha decretato il senno dei più. L’obiezione più forte, tuttavia, riguarda, nelle società di massa, l’evidenza che il consenso o il dissenso non sono autonomi, liberi, bensì eterodiretti, determinati da un poderoso apparato di propaganda che orienta le scelte, le opinioni, le convinzioni, le parole.
Da giovani – anticomunisti viscerali – eravamo infastiditi dall’obiezione marxista circa la natura “formale” delle democrazie borghesi, che negava, tra l’altro, il valore del voto su liste contrapposte, orgoglio dei sistemi politici occidentali. Un’ immensa scritta faceva mostra di sé lungo un muraglione di un quartiere operaio: proletario, se il tuo voto valesse qualcosa, non ti farebbero votare. All’epoca – erano gli anni Settanta – pensavamo che fosse una sciocchezza. Invece oggi è una verità che non riguarda solo i proletari (classe sociale diventata antiquata, di cui non parlano più neppure i superstiti marxisti) ma la società intera.
L’apparato propagandistico e di comunicazione è così pervasivo, potente, onnipresente, che la formazione dell’opinione comune è pressoché automatica. Vince chi ha più voce in ambito mediatico, dando ragione a Marshall Mc Luhan: il mezzo è il messaggio. Dobbiamo diffidare di ogni parola o concetto che ha bisogno di aggettivi qualificativi: democrazia liberale, democrazia popolare, eccetera. Era democratica tanto la Germania comunista – Repubblica Democratica Tedesca – quanto la sua sorella occidentale. Sempre più tendiamo a confondere la democrazia – che è in origine diritto del popolo a partecipare, assumere da sé le decisioni che lo riguardano, con le elezioni formalmente libere. Una competizione sempre più apparente, in cui qualcuno ha più diritto di altri e chi non partecipa al coro – il repertorio è determinato da chi paga la musica – è figlio di un Dio minore. In democrazia alcuni hanno tutti i diritti, altri ne hanno pochissimi o nessuno. La differenza con le varie forme di dittatura o di autoritarismo è di forma; in questo i marxisti avevano ragione.
Oggi il nemico è democratico. È giusto, è buono, è vero, ciò che piace alla maggioranza. Decisa a priori, plasmata da chi controlla i media, ossia la cultura di massa. I democratici sono oggi i repressori del dissenso. Eterogenesi dei fini: per mantenere la democrazia- ossia le sue apparenze- i suoi partigiani devono negare legittimità alle idee in conflitto con le loro visioni, opinioni assurte al rango di verità indiscutibili in quanto provenienti dall’alto, diffuse a reti mediatiche unificate credute per accumulazione, ripetizione coatta e irrisione dell’Altro. Diceva il nazista Goebbels che ripetere mille volte una menzogna la trasforma in verità agli occhi della maggioranza. La lezione schmittiana del nemico assoluto teso a distruggere l’altro è stata messa in pratica dai Buoni, dai Giusti, dai Democratici. Il cui nome è ormai sinonimo di repressione del dissenso rispetto al Bene di cui sono interpreti unici.
Al popolo, infine, piace ciò che gli viene fatto piacere.
Walter Lippman e Edward Bernays, nell’America democratica e liberale della prima metà del secolo XX, lo teorizzarono apertamente: occorre indirizzare la gente, orientarla per evitare il disordine, termine che per loro era sinonimo di opposizione alla società di mercato. Meglio di Antonio Gramsci furono loro a teorizzare l’egemonia.
Non dell’intellettuale collettivo costruttore del comunismo, ma di una visione mercantile, utilitaria, dell’esistenza, negare la quale è sintomo di malattia mentale. Come nel comunismo stalinista: chi si oppone al Giusto, al Bene, al Democratico, va represso in quanto portatore di “odio”. Altra eterogenesi dei fini: chi non la pensa come i titolari del copyright della democrazia deve essere sottoposto a process0 penale per delitto di odio. Più raffinati di Karl Popper, il maestro di Soros: la società “aperta”, per il pensatore ebreo austriaco deve essere chiusa a doppia mandata a chi non ne condivide i presupposti. Qual è la differenza sostanziale con i totalitarismi? I nuovi democratici hanno raggiunto vette ulteriori: la società aperta acquisisce un’aureola morale in quanto è chiusa a chi odia. Principi diversi dai loro non sono più libera espressione (il fiore all’occhiello della società sedicente aperta) ma deviazioni intollerabili a cui applicare inflessibili divieti. I temi su cui è proibito dissentire aumentano ogni dì. I tabù assoluti riguardano l’opposizione all’immigrazione indiscriminata; all’aborto diritto universale; alle teorie di genere e all’universo LGBT (matrimonio omo, transizione ed autopercezione sessuale con annessi e connessi); al millenarismo climatista; alla privatizzazione del mondo. A questi temi si aggiungono l’eutanasia (la morte come soluzione ai problemi della vita!) l’utero in affitto, la società multiculturale. In Gran Bretagna il governo sta punendo con pene severissime le proteste contro la sostituzione etnica in atto, mentre manda liberi pedofili conclamati. Non è più il mondo al contrario, ma un nuovo mondo che si fa legge, imposizione, repressione. Sempre per mano democratica e in nome di parole “divine”: inclusione, accoglienza, diritti.
Totale è il cambio di linea rispetto ai padri: vietato vietare era lo slogan di mezzo secolo fa. Vietato odiare, cioè pensare altrimenti, oggi. La matrice è uguale: l’istinto giacobino di chi erigeva ghigliottine in nome della “nation” e dei diritti dell’uomo. La lotta di classe è stata abbandonata – lasciando indifesi i deboli- a favore dei “diritti civili intesi come risarcimento a gruppi minoritari. (…). Chiunque critichi nel merito qualsiasi misura invocata in nome della non discriminazione compie un atto di violenza contro i gruppi minoritari già discriminati. Su quelle misure la political correctness autorizza soltanto una posizione favorevole a prescindere: il pluralismo diventa automaticamente discorso di odio, e va quindi impedito, bollando come “razzista” “suprematista”, o “fobico” ogni oppositore della deriva “dirittista” promossa in nome del nuovo mito tribale del progresso.” (Eugenio Capozzi).
Viviamo nella post democrazia per mano dei democratici! Vale la pena rammentare il cordone sanitario imposto in Francia, in Spagna, in Germania, contro formazioni politiche colpevoli di non condividere il modello dominante, accusate di ogni nefandezza, riassunta nel crimine sommo, il fascismo immenso ed eterno. Negli Usa i democratici – il partito-Stato con quel nome, imitato in Italia dal PD – hanno probabilmente organizzato brogli elettorali nel 2020 e continuano a non opporre ai loro avversari argomenti politici o ricette economiche alternative, preferendo la demonizzazione. Il potere del denaro ha sostanzialmente comprato il partito, sovvertendo il verdetto (democratico…) delle elezioni primarie per costringere Joe Biden al ritiro. La convenzione del partito “democratico” americano è il segno di ciò che vuole e fa il potere occidentale. All’esterno si praticano aborti gratuiti offerti dalla miliardaria Parent Parenthood e vengono offerte sterilizzazioni maschili. Per alcuni è cultura di morte, per altri sacrosanti diritti.
Non ci può essere mediazione; da un lato odiatori incalliti da reprimere penalmente, dall’altro i Buoni e Giusti. I cattivi odiano il pianeta poiché perplessi dinanzi all’ideologia climatica, e l’umanità intera in quanto non approvano le restrizioni delle libertà in nome della lotta alla pandemia sancite da regimi “democratici”. Gli stessi che, dopo decenni di retorica pacifista e bandiere arcobaleno, si sono convertiti al bellicismo antirusso con i medesimi toni moralistici di ieri. Frignano per la Palestina ma sostengono la violenza di Israele, Chiamano odio antisemita il dissenso verso gli atti di uno Stato- l’unica democrazia del Medio Oriente, secondo la vulgata ufficiale- contro i suoi vicini.
I democratici sono il contrario di ciò che dicono di essere. Ripudiano il pluralismo e corrono verso la riduzione della democrazia a regime in cui è permessa una sola opzione, la loro: la versione aggiornata della propaganda delle dittature novecentesche. La novità è la trasformazione della dialettica politica in ricostruzione edificante ed emotiva di ogni questione, proposta da un coro di media, agenzie, istituzioni, coordinate da una regia comune. Se un mezzo di informazione, un intellettuale, un artista si pone in contrapposizione al coro, scatta la richiesta della censura, indignata, rabbiosa. Ecco perché il nemico è il democratico; non bisogna avere remore ad attaccare le parole totem e tabù invertite, distorte per eliminare il dibattito attraverso la demonizzazione, la criminalizzazione, la psichiatrizzazione (il “discorso di odio”). I nemici dei democratici sono oggi- un altro paradosso- i veri democratici, nel senso del potere esercitato attraverso la partecipazione del popolo al suo destino (A. Moeller Van den Bruck).
Totalitaria è la pretesa di riservare a sé il termine democratico e l’esportazione della democrazia nella versione liberale, libertaria liberista, ossia globalista.
I democratici bombardano, ma lo fanno per il bene dei popoli; aprono lager come a Guantanamo, ma per combattere il terrorismo. Intervengono in armi dovunque ma solo per preservare la democrazia, chiamando, come in America, Patriot Act (legge patriottica) le limitazioni alle libertà. Il nemico è democratico e si fonda sul potere del denaro: possiede quasi tutti i canali di informazione, acculturazione e formazione dei popoli. Non sappiamo se goda del consenso della maggioranza. Conta piuttosto sull’indifferenza, la depoliticizzazione, l’assenza di dibattito e di pensiero, l’incapacità di elaborare alternative. Ma se anche questi nemici democratici sono maggioranza, chi garantisce, se non la tautologia, che le loro idee, azioni, fini, siano giusti? Il numero, sosteneva Goethe, è la negazione della verità. Specie se la verità viene sequestrata, abolita, proclamata senza contraddittorio. Per Soren Kierkegaard la maggioranza politica è la più pazzesca di tutte le categorie. In queste condizioni, per i mezzi di cui dispone il potere, per la prevalenza del denaro (plutocrazia, il vero nome della democrazia), per le menzogne che diffonde, per come viene formata /deformata l’opinione corrente, aveva ragione il filosofo di Aut Aut (ovvero dell’alternativa) quando affermava che non vi è nulla di più ripugnante della maggioranza. E di più falsa, nemica della realtà, di quella che chiamano democrazia.
Roberto Pecchioli