OLTRE LA SCONFITTA IN LIGURIA, ANDARE AVANTI CON IL SOVRANISMO SOCIALE
OLTRE LA SCONFITTA IN LIGURIA, ANDARE AVANTI CON IL SOVRANISMO SOCIALE
(Questo scritto deve essere inteso solo come una premessa all’Esecutivo di domenica 10/11 e alla Direzione che dovremo convocare prima delle prossime elezioni regionali)
IN LIGURIA: DOVE ABBIAMO SBAGLIATO E DOVE NON ABBIAMO SBAGLIATO
Cominciamo dalla Liguria, perché penso che nessuna conseguenza di strategia politica si possa trarre da queste elezioni. Per fare l’ennesima metafora alpinistica, se non si hanno i soldi per comprare l’attrezzatura da montagna e non si allenano braccia e gambe per arrampicare, si può scegliere qualsiasi via ma non si arriverà mai da nessuna parte. In altri termini ci siamo ritrovati troppo sprovvisti di risorse economiche e di radicamento per riuscire ad ottenere un qualche risultato. Quindi, come ho già detto, siamo stati imprudenti e abbiamo pagato oltremodo questa imprudenza.
Ma c’è una cosa buona che viene da questa avventura: finalmente tutti hanno capito che facciamo sul serio, anche a costo di farci male. Se avessimo rinunciato sarebbe continuata la leggenda di Alemanno ancora collegato con il centrodestra o comunque non in grado di affrontare qualsiasi conflitto politico-elettorale. Questo vale in particolare per Rizzo e Toscano che ci hanno tagliato la strada, dopo che avevamo in qualche misura concordato di lasciare a loro l’Umbria e a noi la Liguria, pensando che così ci saremmo ritirati.
Grazie al Coordinamento della Liguria, a Saso, a Rosson e a tutti gli altri per aver affrontato fino in fondo questa prova.
IL SOVRANISMO SOCIALE COME PUNTO DI SINTESI DI PERCORSI DIVERSI
Indipendenza e il sovranismo sociale nascono dalla percezione della sudditanza della nostra nazione come causa prima di tutti i problemi della nostra nazione. Dalla lotta per l’indipendenza nazionale nasce la possibilità di lottare per lo sviluppo economico e la giustizia sociale, per la promozione dell’identità e dello spirito comunitario del nostro popolo, per la difesa dei valori e della libertà della persona umana. Senza indipendenza ogni altra lotta è illusoria e destinata a ritorcersi contro come inganno e sconfitta.
Su questa prospettiva si possono ritrovare persone e comunità militanti provenienti da storie diverse e che continuano anche a mantenere identità ideologiche differenziate (entro un certo perimetro). Non ha quindi senso continuare con la DISFIDA TRA CHI SI DEFINISCE DI DESTRA SOCIALE E SOVRANISTA E CHI SI SENTE AL DI LA’ DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA, perché le definizioni sono diverse ma l’obiettivo è comune. Il sovranismo sociale può raccogliere e sintetizzare questi ed altri filoni.
L’IMPORTANTE È CHE IL NOSTRO SOVRANISMO SOCIALE SIA APERTO AL MONDO MULTIPOLARE, rifiutando qualsiasi visione di chiusura nazionalistica e di blindatura nell’Occidente americanocentrico.
METTERE IN PRIMO PIANO LE BATTAGLIE CONCRETE RISPETTO ALLE DEFINIZIONI IDEOLOGICHE E CULTURALI
Rimane però il problema del modo con cui ci si propone all’esterno. Credo che qui dobbiamo intensificare lo sforzo per mettere in primo piano i temi concreti rispetto alle definizioni ideologiche, creando sempre un collegamento tra i problemi immediati e le cause prime derivanti dalla sudditanza dell’Italia. Scegliamo pochi temi su cui battere e nel contempo seguiamo l’attualità per evidenziare tutte le notizie che avvalorano la nostra narrazione.
Il problema è come far penetrare questo messaggio, usando anche semplificazioni estreme e azioni radicali. La lezione di Vannacci, e anche di Marco Rizzo, è che penetrano nella comunicazione le provocazioni che fanno più scandalo. Questo può sembrare una “torsione reazionaria” soprattutto quando si toccano temi sensibili dal punto di vista umanitario come l’immigrazione.
Ma, domandiamoci: l’immigrazione incontrollata è o non è un problema per l’Europa? È solo Salvini che strumentalizza questo tema, oppure è il principale messaggio di tutti movimenti sovranisti europei? Il socialdemocratico Scholz in Germania ha chiuso le frontiere, dopo che non solo Afd ma anche Sarah Wagenknecht hanno vinto le elezioni soprattutto su questi temi.
Su questo come per altri temi, il problema non è di essere reazionari o meno, ma di mettersi nell’ottica di élite benpensanti oppure nell’ottica popolare di chi vive questi problemi in prima linea nelle periferie e non va per il sottile a denunciarli.
Reazionaria semmai è la posizione di chi si concentra solo sull’immigrazione (come fa la Meloni) e non di chi come noi denuncia anche le frontiere aperte alla finanza internazionale e alle merci prodotte dalle multinazionali sfruttando i paesi in via di sviluppo. Reazionaria è la posizione di chi passa dalla lotta all’immigrazione all’islamofobia, di chi pensa che l’Africa possa continuare ad essere sfruttata dall’Occidente delle multinazionali. Perché questo è contrario alla VISIONE DI UN MONDO MULTIPOLARE E AL PRINCIPIO DELL’AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI.
LA CRISI DEL CENTRODESTRA NON È ANCORA ARRIVATA, MA ARRIVERÀ, LA NOSTRA SCOMMESSA È QUELLA DI ESSERE UN’ALTERNATIVA IN QUEL MOMENTO
Rispetto a tutti coloro che dicono che non c’è altro spazio se non quello di tentare un inserimento nel centrodestra, rispondo che questa via io l’ho già abbondantemente percorsa nei decenni passati e non intendo ripeterla, se non per qualche passaggio tattico, di cui parleremo dopo.
Le contraddizioni di questo centrodestra esploderanno come sono esplose quelle del centrodestra berlusconiano, e io non intendo ritrovarmi nella stessa crisi per cui abbiamo pagato un prezzo altissimo in termini di credibilità e di coerenza politica.
In politica, soprattutto rivoluzionaria, è fondamentale saper precorrere i tempi e posizionarsi lì dove passerà la storia. I sacrifici che stiamo facendo oggi sono quelli che ci servono per essere un’alternativa credibile quando il centrodestra entrerà in crisi e si aprirà di nuovo un varco per un cambiamento. Un cambiamento che per essere reale deve essere nel segno della liberazione dalla sudditanza.
Se pensiamo che questo non accadrà mai, o non accadrà più, allora dobbiamo metterci davanti allo specchio e confessare a noi stessi che non crediamo più nelle nostre idee e nei nostri valori, perché credere in idee e valori significa credere nella possibilità che questi divengano realtà.
E questo vale anche per l’opzione di abbandonare la politica (e le sfide elettorali) per rifugiarsi nella metapolitica o nell’azione puramente movimentista. Metapolitica e movimentismo sono importantissimi ma solo se sono propedeutici alla lotta politica (ed elettorale) e non in una prospettiva futura, ma in contemporanea tra loro. Non facciamo la fine della Nuova Destra che ha intrapreso l’impegno metapolitico 45 anni fa e sta ancora lì ad analizzare (magari in modo raffinatissimo) una realtà che non riesce minimamente a influenzare.
DISTINGUERE LA STRATEGIA DALLA TATTICA: I RAPPORTI CON GLI ALTRI PARTITI SUL TERRITORIO
Avere in mente una lunga marcia (tre anni) verso la rottura degli schemi consolidati, non significa vivere tutto questo tempo in perfetto isolamento. Sul territorio i nostri coordinamenti si devono muovere pragmaticamente per conquistare spazio, radicamento e rappresentanza nelle istituzioni, cercando comunque di preservare la nostra immagine alternativa e di evidenziare le nostre battaglie di fondo.
Quindi rapporto con i movimenti del dissenso che può portare a nuovi esperimenti di confluenza elettorale. Rapporto preferenziale con Vannacci e con Rizzo, che adesso stanno pure dialogando tra loro, smentendo sia chi diceva che andavamo troppo a sinistra incontrandoci con Rizzo, sia chi diceva che andavamo troppo a destra incontrandoci con Vannacci. Rapporto anche con liste civiche di diversa ispirazione, perché rappresentano comunque una forma importante di partecipazione dei cittadini alla vita locale. Rapporto, infine, anche con i segmenti meno impresentabili del centrodestra, se questo offre possibilità di radicamento e protagonismo per Indipendenza e se può permetterci di avvicinare e portare dalla nostra parte rappresentanti istituzionali e radicamento territoriale e sociale.
Avere consiglieri comunali e regionali che fanno riferimento a Indipendenza o che ci offrono una sponda istituzionale non può essere mai disprezzato, soprattutto se questo può essere propedeutico alla nascita di gruppi consiliari di Indipendenza.
Insomma bisogna saper distinguere la strategia dalla tattica. La strategia è la crescita di un movimento sovranista sociale in grado di lottare per il cambiamento e l’indipendenza dell’Italia. La tattica è quella che ci permette di allargare la nostra agibilità e il nostro radicamento nelle istituzioni e nei territori.
È evidente il rischio di compromettere l’immagine complessiva di Indipendenza con queste operazioni, ma QUESTO RISCHIO NON VA COMBATTUTO CON L’IMMOBILISMO, VA COMBATTUTO AUMENTANDO LA RADICALITÀ DELLE NOSTRE BATTAGLIE DI RIFERIMENTO. Se saremo radicali e impattanti con queste battaglie, saranno gli altri a doversi porre il problema di non compromettere la loro immagine con Indipendenza.
Roma, 2 novembre 2024