ROTTA FUTURA

Leggi indipendenti - per un nome adatto alla legislazione

Ho avuto la fortunata possibilità di scambiare qualche idea con Ruggero di Biagi nelle settimane passate e abbiamo concordato che bisogna mettersi al lavoro per produrre materiali e proposte, al fine di contribuire all'attività del movimento INDIPENDENZA! e rendere fattiva la sua esistenza. Io mi sono occupato di attività parlamentare molti anni fa e credo di potere, per alcuni settori, riprendere a stilare bozze di proposte di legge e atti politici come spunti per il dibattito del partito,

in modo che a partire da quelli si possa avere atti simbolici reali da spingere nel dibattito politico. La ritengo una attività abbastanza importante da permettermi la presunzione di fare la prima proposta, sapendo che potrà essere rivoluzionata o respinta, anche se purtroppo ho poco tempo da dedicargli, ancora meno energie per i miei problemi personali e neanche più tanto tempo davanti a me per farlo; tutti motivi per iniziare e concentrarmi il prima e con maggior impegno possibile. Ho nella mia mente, e nel disordine della mia casa e del mio computer, materiali per diversi argomenti e mi sono posto il problema dell'aggettivo che descrivesse la caratteristica generale che queste proposte hanno rispetto alla massa degli altri atti normativi. Un aggettivo comune che descriva un gruppo di atti politici su argomenti eterogenei può sembrare superfluo, perché essi ricadono in settori completamente diversi per tema, per interessi coinvolti, per metodo. Tuttavia il fatto che vengano, in futuro, dopo la giusta elaborazione, da un'idea politica comune, quella del movimento INDIPENDENZA!, e dalla sua organizzazione come unica fonte, permette l'ipotesi che gli si possa dare un nome collettivo, di appartenenza a un'unica famiglia politica ideale. 

Ho concluso che il nome più adatto è quello di proposte "indipendenti".

Al principio ho osservato che noi ci troviamo in un lungo periodo politico in cui sono continuamente gettate e riproposte nel dibattito delle proposte di riforme normative anti umane, anti sociali, anti religiose, anti nazionali. Si dibatte da anni di droga libera, di libera pedofilia, di suicidio assistito, di smantellamento dell'istituto familiare, di ius soli. Tutti questi temi transumani, nichilisti, liberali sono sospinti dalle forze che in comune si definiscono "progressiste" e per contrapposizione le leggi che cercassero di deviare questo falso progresso potrebbero provocatoriamente chiamarsi "reazionarie". Sarebbe il nome adatto per le idee che reagiscono a chi vuole negare il diritto alla vita, alla ricerca della felicità, all'uguaglianza davanti alla legge, alla libertà. Il problema di tale aggettivo è che il temine "reazionario" ha una connotazione negativa comunemente diffusa e senza una spiegazione articolata non potrebbe essere compreso.
Ho scartato anche il termine "rivoluzionarie". Tutti si possono definire rivoluzionari e sotto questo nome si è nascosta spesso la tirannia, l'oligarchia, la repressione di minoranze. Quante volte rivoluzionari e radicali di professione si sono messi al servizio del potere e della conservazione contro le aspirazioni dei cittadini per un paese più giusto e più libero. Potremmo fare i nomi di politici e di partiti che hanno portato la rivoluzione al servizio del palazzo. Per gli stessi motivi sono inutilizzabili le parole "nuove" e "moderne".

Viviamo un periodo di gravi minacce all'esistenza della società come l'abbiamo conosciuta. In Italia la nostra imperfetta democrazia si è spenta nel 2011. L'Europa è tramontata all'orizzonte della storia e nel crepuscolo del suo potere vediamo classi dirigenti ignoranti, egoiste e vili che cercano di salvare i loro privilegi imponendo leggi che limitano le libertà dei singoli e dei popoli. Costoro vogliono riorganizzare gli individui, i piccoli e i grandi gruppi per bloccarli in un modello sociale che li costringa a servire gli oligarchi, che fa dipendere tutto e tutti dai bisogni di una pseudoclasse di pochi potenti.

Per questo, tornando al nome del nostro movimento, ritengo che per le proposte che avanzeremo sia più adatto per metonimia l'aggettivo "indipendenti", per gli obiettivi di libertà e giustizia a cui aspiriamo.

NOTA METODOLOGICA

La necessità di un aggettivo comune per le proposte per INDIPENDENZA! discende dalla mia convinzione che se vuoi essere sicuro di avere una buona conoscenza di una cosa devi essere in grado di descriverla a parole e dargli un nome; se questo nome non ti è chiaro, allora devi studiare più attentamente ciò che osservi. Chi scrive è stato costretto all'università a fare dei corsi di retorica e di teoria della critica letteraria che lo hanno reso fiero nemico del postmodernismo, del nominalismo e lo hanno convinto che per ogni cosa non esiste un nome assoluto, quanto non è afferrabile in modo permanente e sicuro l'idea assoluta. Ogni idea umana è un vestito dozzinale dell'idea assoluta; ogni nome, ogni frase, ogni descrizione, ogni lingua sono etichette debolmente incollate alle cose su cui si può raccogliere un consenso più o meno grande, più o meno duraturo.

Questo non indebolisce il nostro desiderio di studiare e svelare sempre più il mondo che ci circonda. Senza le parole, senza i nomi, senza le idee, senza il linguaggio la realtà non sarebbe manipolabile. Senza la parola, senza la poesia, senza la matematica, senza le molte forme della letteratura l'uomo affonderebbe nelle profondità dell'oceano della materia; esse sono tutte necessarie, nonostante la loro imperfezione rispetto all'assoluto. Non ne possiamo fare a meno, non ne vogliamo fare a meno e anzi coraggiosamente dobbiamo appiccicare etichette, assegnare nomi, cercare descrizioni sempre più adatte. Testardamente continuare a descrivere, a concordare tra noi temporanee definizioni per migliori e più larghe e numerose descrizioni.
Tutto, in questo mondo, è spiegabile con accettabile approssimazione con un discorso adeguatamente lungo, complesso e sincero. Rifiuto la pretesa cabalistica della scoperta definitiva per via misterica di nomi sacri, tanto quanto i giochi filosofici sulla inconoscibilità, irrapprentabilità e incomunicabilità dell'esperienza. Per me è continuamente necessario, in qualche caso soddisfacente, voler articolare un discorso, impugnare la parola, esercitare la lingua, anche intorno al nome della legislazione che mi ripropongo di stilare.