ROTTA FUTURA

Grossi dubbi - intervista a William Burroughs, New York, 1981

«Chi sulla faccia della terra crede che noi viviamo in una democrazia?» (William Burroughs, New York, febbraio 1981)

 

 

di Daniel Mularoni e Franco Berardi

Secco, ironico, scattante, William Burroughs ci ha ricevuto nella sua casa sulla Bowery, un ex-spogliatoio di una palestra dellT.M.CA, arredato con un lungo tavolo nero e sagome-bersaglio alle pareti. Burroughs ci si è asserragliato dentro come in un bunker. Le finestre sono sbarrate e la luce viene da lampade al neon. Su Burroughs resta il dubbio: descrive un mondo senza speranza, o - sotto il cinismo di superficie - maschera un messaggio di rivolta contro il totalitarismo tecnologico? Il futuro appartiene ai computers o a quel popolo di marginali che affolla i suoi romanzi?

NEW YORK, FEBBRAIO 1981

D. L'elettronica nella società post-moderna è un tema di interesse recente in Europa a differenza dall'America dove l'elettronica è parte della vita di ogni giorno da lungo tempo.

W.B. Vuoi dire il conto elettronico in banca e tutte queste cosette qua...?

D. Mi riferisco a cose come l'introduzione da parte degli Stati europei di una carta d'identità comune per tutti i cittadini dei nove paesi, con un controllo elettronico e con un computer comune di immagazzinamento di tutti i dati personali e di altro tipo.

W.B. Ebbene, non c'è niente di nuovo in tutto ciò, eccetto che è più efficiente; in questo paese non abbiamo mai avuto una carta d'identità e per quel che ne so una patente di guida può servire come tale. Vedi, non devi mostrare un documento quando entri in un hotel.

D. Ecco, in Europa devi sempre portare con te un documento d'identità.

W.B. Qui non è necessario. Comunque (gli europei) hanno sempre avuto tutto ciò, adesso è semplicemente computerizzato. Se la polizia cerca qualcuno, invece di andare in giro per ogni hotel spingono un bottone e vedono dove si trova la persona ricercata. Insomma in Europa non stanno facendo altro che rendere la cosa più attuale.

D. Parlando di controllo elettronico: non esiste una possibilità che l'elettronica possa venire usata proprio contro le forme di controllo totale?

W.B. La maggior parte di questa faccenda elettronica non mi allarma così tanto perchè mi sembra *assolutamente necessaria. Per esempio, una compagnia come Con Edison (l'ENEL americana) non potrebbe andare avanti... altrimenti non ci sarebbe alcuna logica... tutto e computerizzato, anche le bollette. Se ne te vai da Los Angeles senza pagare la bolletta e chiedi un allacciamento di servizio altrove, ti rifiuteranno il servizio finchè non avrai saldato il conto. Non vedo niente di sbagliató in tutto questo, senza ciò non si potrebbe lavorare. Lo stesso vale per le banche. La Citibank, dove vado io, è completamente computerizzata. Non devi andare ad uno sportello, ma solo infilare la tua Card nel terminale ed escono i tuoi soldi. Il solo problema con questo sistema è quando qualcosa funziona male, allora è un casino. Tutto ciò è un corollario della sovrapopolazione. Ci sono milioni di persone e l'unico modo per tenerle insieme è attraverso i computers. La scelta è fra ciò e il non sopravivere.

D. La popolarità della tua opera è cresciuta in Europa di pari passo con l'attenzione ai problemi del controllo elettronico. Questo è dovuto forse al fatto che gli scenari che tu descrivi nei tuoi romanzi si vanno gradualmente delineando sotto i nostri occhi.

W.B. Sì, ma avete immense popolazioni urbane per cui non si può operare senza computers. Bisogna ammettere che la gente non potrebbe nemmeno circolare senza computers.

D. Mentre nei tuoi romanzi questa visione di un mondo sottoposto al controllo tecnologico è sempre un fatto compiuto, al contrario in opere come «The Job» (intervista con Daniel Odier, uscita a Parigi nel 1968) ed in «The invisible generation» (ristampato in Italia nel libro dal titolo «E arrivato Ah Pook») tu sostieni chiaramente la possibilità di altri usi degli strumenti tecnologici.

W.B. Sì, dipende, se tu stai pensando in termini di rivoluzione totale, distruzione di tutte le strutture, questo è una cosa, e naturalmente il controllo elettronico è un sistema estremamente fragile. Le possibilità di sabotaggio di una simile macchina sono illimitate. Ma se tu vuoi avere a che fare con una grande popolazione urbana, se devono essere messi in grado di circolare, questo si può fare solo con forme di controllo elettronico. È semplicissimo. Voglio dire, quando Jerry Rubin parlava di cose tipo «emarginati fate tutti quel che vi pare!» era assolutamente un non senso. Se tutti se ne fossero andati a far quel che gli pareva, milioni di uomini sarebbero morti di fame nel giro di una notte... che forse sarebbe stata una buona cosa. Ma io non penso tuttavia che fossero disposti a prendersi la responsabilità di quel che andavano dicendo. Il partito comunista aveva risposte a tutti questi problemi come: la distribuzione eccetera... gli Yippies o gente come questa non aveva risposte a questi problemi. Comunque la risposta si troverà in un modo o in un altro.

D. Pensi che queste forme di controllo siano legate con le forme moderne della società in modo da non possedere una qualità positiva o negativa, in quanto tali. Cioè c'è una possibilità di scelta?

W.B. Nulla è positivo o negativo, in quanto tale. È neutrale, è semplicemente uno strumento. Quanto a chi controlla ciò: bene, ovviamente non ti occorre questo tipo di strumento fin quando non hai una larga struttura integrata. Non occorre; ma se devi far funzionare una banca od un servizio, allora ne hai bisogno, altrimenti non puoi far funzionare la banca. :È solo tecnologia. Voglio dire, un rivoluzionario può volersi prendere la responsabilità di distruggerlo... bene, questo vuol dire che non puoi viaggiare in aereo, ad esempio... non hai soldi, non hai la luce in casa.

D. Noi supponiamo di vivere in una democrazia, così se tu subisci un giudizio hai diritto di appello, ma se una banca ti giudica, ancor prima che tu lo sappia il giudizio è già passato da un computer ad un altro computer ad un altro computer...

W.B. Ma chi sulla taccia della terra crede che noi viviamo in una democrazia?... Dio solo sa quando è morta l'ultima democrazia. Per esempio si prese la decisione di buttare la bomba atomica. Non solo non fummo consultati, ma non sapevamo neppure di avere la bomba atomica. Non puoi avere una democrazia con una vasta popolazione. Deve essere un gruppo piccolo, omogeneo. Una democrazia in una popolazione vasta ed eterogenea, quando generalmente gli interessi di uno sono diametralmente opposti a quelli di un altro... non funziona, non funziona per niente...

D. Quali giornali leggi?

W.B. Ho smesso di leggere il «New York Post». Compro il «Daily News» i cui servizi di informazione valgono quelli dei migliori. E compro il «New York Times» del martedì per il Supplemento Scientifico. (Fin dall'inizio dell'intervista W. Burroughs ha maneggiato un piccolo bastone nero, evidentemente una sorta di arma orientale). Gli chiediamo cos'è.

W.B. È un'arma, naturalmente. Sono molto interessato alle armi. Questa l'ho comprata attraverso un avviso trovato in una rivista.

D. Sei violento?

W.B. Sì, potenzialmente.

D. Cosa pensi di quest'atmosfera di guerra fredda e di paranoia che sta diventando luogo comune in America oggi, al punto che anche la guerra nucleare è considerata inevitabile? Quale ti sembra possa essere uno scenario verosimile per il prossimo futuro?

W.B. Penso che sia possibile che Reagan stia per ficcarci in un qualche genere in casino. Mi pare che si sia messo in testa di procedere verso un intervento in El Salvador ed in vari altri posti. E questo potrebbe voler dire un bel problema. Il problema naturalmente sarebbe la guerra nucleare fra Russia ed America.

D. Non penso che questa sia una possibilità prossima. Mi sembra invece che stiano preparando l'inizio di quel che chiamano «guerre nucleari limitate».

W.B. Si, ma ho dei grossi dubbi che possa rimanere «limitata» una volta iniziata... grossi, grossi dubbi

Pubblicata sulla FRIGIDAIRE n. 6, Primo Carnera Editore e Edizioni Controllo,Co.Pe.Co - Cooperativa Poligrafico Editoriale Colombi - Pero, aprile 1981

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