Ci sono momenti, della nostra storia personale, che sembrano costruiti apposta dal succedersi delle ore, per suscitare ricordi, emozioni, per suscitare rimpianti, e la scomparsa di Gelamidaro è uno di questi momenti. Ma voglio dire che accanto a questo evento che ci ferisce tutti e che personalmente mi colpisce per i rapporti di cordialità, di amicizia e di stima da parte mia nei confronti di Gelamidaro, c'è un altro dato minore, molto minore, ma che voglio riferire al Congresso, ed è un dato che la successione degli oratori ha prodotto inconsapevolmente, non costruito da nessuno. Ha parlato prima di me Enzo Erra e, ascoltandolo, io sono andato indietro nel tempo, come un flashback, come si dice adesso, e mi sono ritrovato a una mattinata di tanti anni or sono, quando, giovanissimo avvocato, fui mandato dal collegio degli avvocati che difendevano Erra, Rauti e tanti altri giovani, davanti alla Corte d'Assise di Roma, per il gravissimo reato di ricostituzione del Partito Fascista. C'era il Presidente Sciaudone, magistrato duro, eravamo prima della legge Scelba, era la legge del 1947, ancora più dura nei confronti della ipotesi di costituzione del Partito Fascista, ma avevamo l'impressione che nella sua durezza Sciaudone avesse capito che gli imputati potevano tornare in libertà perché quelle azioni terroristiche che loro si attribuivano nei capi di imputazione, lunghi, minuziosi, pedanti, persecutori, non avevano riscontro nella realtà dei fatti, che c'era soltanto passione e soltanto passione per l'Italia. E allora io fui spedito, siccome ero il più vicino, anche se più anziano, di qualche anno, agli imputati, anagraficamente più vicino, fui mandato dal collegio dei difensori a persuadere i nostri difesi che era inutile che protestassero contro la Corte, rimanendo nelle segrete, nelle celle, negli scantinati del Palazzo di Giustizia di Roma e dovevo persuaderli a tornare nell'aula, perché tornare nell'aula significava ristabilire i rapporti con la Corte, ristabilire i rapporti con un ordinamento che, ingiusto nell'accusa, forse poteva essere favorevole e consapevole della loro innocenza, della loro possibilità di essere restituiti alla libertà. E così fu che andai nelle segrete, negli scantinati dove sono le celle, per coloro i quali hanno subito il processo di parate di giustizia di Roma, e parlai con tutti quanti, con tutti, e tra loro parlai con Erra. E li persuasi, cercai di persuaderli e ci riuscii, a tornare in Aula. Da lì a qualche ora ci fu un verdetto che consentì a tutti quanti di riacquistare la libertà nella stessa serata, perché l'accusa fu ridimensionata e il fatto risultò quello che era.
Ho ricordato questo episodio per dire che ci troviamo a tanti anni di distanza, e io mi trovo a parlare dopo l'amico Erra, per dire delle cose che apparentemente ci dividono, ma che sostanzialmente ci devono riunire.
Caro Enzo, tanti anni sono passati, ma noi dobbiamo, come allora, come in quel momento drammatico della tua esistenza, e impegnativo per la mia esperienza di giovane professionista che cercava di esservi utile accanto ad avvocati ben più celebri di me, c'era Carnelutti addirittura tra i difensori, c'erano tanti altri luminari del foro, ebbene siamo a un momento di svolta in cui ci dobbiamo convincere che c'è un essere della storia, anche nella nostra storia personale, ma c'è un divenire della politica, un divenire della politica
al quale noi dobbiamo obbedire per non rimanere fuori, per non rimanere come... nella generosa irridicibilità dei ragazzi imputati di tanti anni or sono, voi volevate rimanere nell'oscuro delle segrete per protesta contro coloro i quali prevaricavano i vostri diritti di libertà, e siete usciti al chiaro quella volta, siete usciti addirittura dalle galere con una sentenza che sia pure ingiusta, poi corretta, in parte in appello, non accettava le pesanti richieste dell'accusa per fatti che non avevate commesso, fatti di presunto terrorismo. Quindi questo essere della storia è un divenire della storia, e questo essere della storia è un divenire della politica, e in questo divenire della politica noi ci troviamo, ecco io mi trovo adesso, quel avvocatino di tanti anni or sono si trova adesso a avere l'onore di parlare nella qualità immeritata, meritata soltanto per la benevolenza dei colleghi, di capo, di rappresentante di un gruppo di 109 deputati. Se l'avessimo sognato allora, se l'avessimo sognato allora non ci saremmo arresi a questa evidenza, che è un'evidenza resa possibile da che cosa? Dal divenire appunto della politica, un divenire della politica che non... Che non è avvenuto in vitro, che non avviene in un laboratorio sperimentale, ma che avviene in un contesto storico generale, il quale contesto è un contesto di cui dobbiamo tenere conto, perché noi parliamo nell'anno di Grazia 1995, dopo che eventi enormi che hanno trasformato il mondo sono dietro le nostre spalle e noi siamo al di là di che cosa? Al di là della caduta del comunismo, al di là del crollo dell'impero sovietico, al di là del crollo ideologico, di quella che era sembrato un principio irreducibile e un principio dal quale la umanità intera non avrebbe potuto decampare per il suo progresso, il principio della lotta di classe. È è scomparso con il mondo sovietico, con l'impero sovietico, con la caduta del comunismo, è scomparso, lacerato e distrutto non da macerie di guerra, ma dalle macerie della sua stessa inconsistenza, del principio della lotta di classe che aveva avvilito le masse enormi di lavoratori a un servaggio, il servaggio comunista che non ne aveva promosso certamente né il riscatto né l'avvento a forme di partecipazione di potere e noi parliamo all'indomani del crollo del comunismo, parliamo all'indomani di questi grandi eventi che hanno cambiato la storia e la geografia del mondo e parliamo in questo contesto e in questo contesto, è naturale che, fermo l'essere della storia, ma presente e in dinamico avanzamento è il divenire della storia, noi passiamo, passiamo dalle forme difensive, affermative che furono alle origini, che alle origini ci hanno accompagnato e che alle origini hanno servito e ci sono servite, come richiamo, per coloro i quali erano i più consapevoli, man mano ci siamo trovati e ci troviamo nella necessità, nella convenienza, nell'opportunità, nel dovere verso noi stessi e verso quelle idee fondanti, di passare alla formula grande, alla formula aperta di Alleanza Nazionale, io non insisterò su questo punto, sono punti sui quali è bene riflettere e abbiamo riflettuto, ma sui quali abbiamo avuto una convalida, che è la stessa convalida che noi avemmo, a suo tempo, per tutti gli atti che caratterizzarono la vita del Movimento Sociale Italiano di allora: la convalida popolare. Ma la formula di Alleanza Nazionale qui riceve una consacrazione, ma la maggiore consacrazione l'ha avuta nel voto del 27 marzo, il quale voto del 27 marzo ha visto affluire sotto le insegne di Alleanza Nazionale, quella stessa che sarà la insegna del nuovo movimento, milioni di italiani, milioni di elettrici e di elettori, e allora ci siano altri milioni che attendono un gesto, che non è un gesto né di rimediamento né di altro, ma è un gesto di evoluzione, è un gesto di divenire della politica, noi dobbiamo aprire le porte e aprire soprattutto le nostre porte spirituali, le nostre porte e le porte della nostra capacità di comprensione, di capacità di interpretazione delle nuove esigenze, soprattutto per riempire l'enorme! vuoto che è stato lasciato dal crollo del cosiddetto comunismo... del comunismo classista e dal crollo della incapacità, della incapacità di produrre fatti, proposte politicamente valide, politicamente meritevoli di varcare le soglie del 2000 da parte delle altre forze politiche che sono crollate sotto il peso non soltanto di Tangentopoli, ma anche e soprattutto della loro conclamata inconsistenza; vi faccio un esempio, sui giornali di stamattina, sui giornali di stamattina campeggiano i titoli di protesta da parte dei giornali vicini a noi e campeggiano i titoli di accettazione compiaciuta da parte della stampa di sinistra o vicino alla sinistra relativi all'ablazione del trattamento di fine lavoro, del TFR, della indennità di fine lavoro, una battaglia che noi abbiamo fatto come Movimento Sociale Italiano quando al tempo delle convergenze parallele, al tempo in cui il Partito Comunista di allora aveva lo zampino nelle cose del potere. È il migliore segno della incapacità di questo governo, della inconsistenza di questa formula di presunta attesa, il migliore segno della dipendenza di questo governo dalla volontà e dalle indicazioni del Partito Democratico della Sinistra, è lo stesso migliore segno della incapacità del Partito Democratico, cosiddetto Partito Democratico della Sinistra, di interpretare le ansie, delle possibilità del mondo del lavoro, è dato nel fatto che il PDS abbraccia il progetto di espropriare il trattamento di fine rapporto per utilizzare il trattamento di fine rapporto a integrazione di quel sistema previdenziale che lor signori hanno devastato creando un sistema assolutamente incivile per i pensionati e soprattutto cancellando la speranza per le giovani generazioni del mondo del lavoro. E allora amici, se questa è la situazione, noi ci troviamo sulla stessa trincea, perché i problemi sono aperti e rimangono aperti, ma ci troviamo sulla stessa trincea con la possibilità di interpretarla in un contesto più vasto e in un contesto che interessa non soltanto due o tre milioni di italiani, ma milioni e milioni di italiani che sono in aspettativa per misurare la nostra capacità, per misurare la nostra possibilità di interpretarli. Vi faccio il caso della... dell'indennità di fine lavoro come un caso tipico attraverso il quale noi, tanti anni or sono, e dobbiamo rendere grazie a tutti coloro i quali ci hanno preceduto in questa strada, noi segnammo la necessità di passare dalla lotta di classe alle forme volute, moderne, cariche di avvenire che sono le forme della partecipazione per quello che riguarda il mondo del lavoro, per quello che riguarda l'intera comunità nazionale; dalla partecipazione sociale e politica alla partecipazione nello Stato, alla partecipazione del cittadino attraverso le competenze e le categorie nella vita della comunità nazionale, in modo da dare alla comunità nazionale gli impunti e le prospettive che sono necessari perché la comunità nazionale possa evolvere e possa affrontare in termini moderni al di fuori, al di fuori dei grandi balocchi distrutti anch'essi, al di fuori della partitocrazia imperante, ma vi sembra che il consenso popolare che ci è venuto è un consenso basato soltanto sul cattivo comportamento, sul pessimo, sul delittuoso comportamento delle classi dirigenti? No signore, accanto a quel cattivo comportamento c'è da considerare la degenerazione sul terreno pratico, sul terreno della interpretazione politica del sistema partitocratico, corrotto, inefficace e inefficiente, che ha liberato grandi masse, ha aperto gli occhi a milioni di italiani e allora in questi termini va visto questo divenire della politica che ci porta in Alleanza Nazionale; in questi termini va visto la necessità di rivolgersi a grandi platee di elettrici e di elettori e in questi termini va visto l'avvenire, il futuro di quel movimento che ieri è stato.
Passiamo dalla storia alla considerazione della necessità del divenire della politica, passiamo dalla storia alla necessità di essere comprensibili a quelle masse di italiani illusi e traditi che in noi, nel nostro Gianfranco Fini, nella classe dirigente, in questo congresso, vedono la possibilità di un riscatto, la possibilità dell'avvenire, la possibilità di un nuovo, che è il nuovo autentico, quel nuovo del quale noi siamo depositari. E allora se la lotta di classe è finita sotto i piedi, noi siamo nella piena legittimità del corso della storia, siamo portatori della idea nazionale, quella idea nazionale che è un'idea fondante, quella idea nazionale che, come qualche oratore come Viespoli un momento fa ricordava, è un'idea che nasce non dal localismo ma dal comune, come fatto antico di tradizione nazionale, di sollecitudine per i territori, soprattutto nell'Italia meridionale, ma di grande e antica tradizione nazionale dal tempo di Dante, dal tempo in cui fu intuita, fu pensata poeticamente l'unità della nostra patria.
In questi sensi interpretiamo e leggiamo Alleanza Nazionale senza preoccupazioni, senza rimpianti, con lo sguardo fisso all'avvenire, un avvenire che è il trionfo della nazione e nella nazione il trionfo del lavoro e dei suoi figli.
Viva l'Italia, viva Alleanza Nazionale.
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