ROTTA FUTURA

Sul nome di OCCIDENTALE - rivista di critica radicale

 Due interventi sul nome della rivista OCCIDENTALE, di Enrico Sermonti e di Gabriele Adinolfi.
(presi dal salvataggio del sito occidentale.org su wayback machine del 22 settembre 2005)

Le battaglie di OCCIDENTALE
e il motivo del suo nome

di Enrico Sermonti

Perché questa rivista si chiama Occidentale? Molti ancora se lo chiedono e molti storcono anche la bocca.

Storcono la bocca perché l'"Occidente" è oggi guidato dagli USA e gli USA sono da molti considerati un punto critico, un luogo di decadenza civile.

Ma per noi l'Occidente ha un respiro più largo della congiuntura storica. Come scriveva Dario Sabbatucci, storico delle religioni e ideatore della rivista: “Non dobbiamo, per liberarci delle scorie, affossare le nostre tradizioni romane e rimanere senza un fondamento storico.”

Occidentale aveva come suo motto, introdotto da Dario Sabbatucci: è "l'unica rivista che antepone il civico al politico", Che significa? Storicamente significa l'opposizione tra la polis greca alla civis romana ovvero di un organismo chiuso, autosufficiente ad una concezione universale, espressa dal diritto positivo; attualisticamente è la prevalenza di valori civili e, cioè, protesi all'interesse della comunità, a valori di interessi particolari, individuali, di categoria o di partito.

Lo scrivente, che è stato il caporedattore di Occidentale nell'ultimo decennio, s'è innamorato di una battuta semplicissima, sentita da un contadino di Terra di Lavoro: "Un tempo eravamo orgogliosi di lavorare, oggi ce ne vergognamo". Dice tutto. Quel "tempo", si lavorava per il bene collettivo, e farlo era motivo d'orgoglio, oggi si lavora solo per far quattrini e, allora, meno si lavora e più si guadagna più si è contenti ed ogni lavoro senza diretto vantaggio è sciocco, è una vergogna. Lo spirito "civico" dell'Occidente è contenuto in questa frase.

La difesa delle tradizioni dell'Occidentale sta anche nella lotta contro le menzogne della Storia, che hanno sovvertito ogni valore, sostituendo il diritto con la forza, la verità con la sopraffazione. A queste rettifiche ha dedicato molti dei suoi articoli Silvano Maracchia, assiduo collaboratore e professore di storia della matematica alla Sapienza, che ha smantellato di volta in volta, con dati inoppugnabili, le menzogne di Norimberga e il diktat di Yalta, smascherando il vero "male assoluto" che è stato il comunismo.
Ugo Giannuzzi, presidente dell'associazione allievi ufficiali della GNR, ci ha raccontato la recente storia bellica anche con note autobiografiche.
Una preoccupazione di Occidentale è comunque quella di "fare la storia" e non fare "la storia dei vinti”.

Alla contraffazione della nostra storia recente ha dedicato gli ultimi anni della sua vita Mario Castellacci, poeta, umorista e scrittore eccezionale, che ha arricchito la rivista con l'originalità e la passione delle sue poesie, delle sue definizioni, dei suoi racconti.
Alla contraffazione storica è parallela quella scientifica, ormai protesa a verità dissacranti, destinate ad affermare un materialismo determinista e a soffocare ogni valore etico. Giuseppe Sermonti, genetista di statura mondiale e attuale direttore della rivista di genetica, ha dedicato a questi temi i suoi appassionati articoli. Al pari Alfonso Dessì, agronomo libero professionista, si è tenacemente impegnato a sfatare i miti ecologistici, che inventano terroristiche esagerazioni, oscurando reali problemi e perpetrando, con la legislazione europea, la demonizzazione della nostra agricoltura costretta a una permanente regressione.

Rutilio Sermonti, difensore della socializzazione e del corporativismo, che non ha bisogno di presentazione nel nostro ambiente, ha ultimamente espresso le sue idee con una brillante tecnica favolistica, scivendo fantasiosi "Dialoghi di Platone".
Giuseppe Bonanni, gionalista satirico, proveniente da "il Borghese", che è il direttore uscente della rivista, ci ha deliziato aggredendo temi di cronaca con arguzia sottile e documentazione originale.

Alberto Franci, affascinato dalla tragedia palestinese, vi ha dedicato articoli documentatissimi, come documentatissimi sono i suoi ultimi saggi sulle manifestazione culturali, oggetto di recenti mostre specializzate.

La passione irredentista traspare nei saggi di Luigi Papo da Montona e nelle note appassionate di Liliana Torrisier, che riportano all'attualità un tema abbandonato per amore di servilismo, quello della fetta d'Italia ceduta alla Jugoslavia.
Emilio Ponticiello ha approfondito temi giuridici attuali.

Ma, avanti a tanti altri collaboratori, come Andrea Antonelli, Stanislao Aureli, Teodoro Buontempo, Lodovico DeVito, Giovanni Jodice, Alberto Pilotti, Roberto Stocchi, e Carlo Viola, va ricordato Oliviero Lasio, che ha dedicato a Occidentale gli ultimi 34 anni della sua vita e che di Occidentale è stato l'editore ma soprattutto l'animatore accanito. Senza di lui "Occidentale" non sarebbe mai esistito. Occidentale è nato, quindi, 34 anni fa nell'ambito delle iniziative promosse dal "Circolo dei Selvatici", libera associazione culturale animata soprattutto da reduci della RSI, che aveva raggiunto un ottimo livello per la partecipazione e la presenza di personaggi di spicco, come Giovacchino Volpe, Ugo Spirito, Junio Valerio Borghese, Pisanò, Salvatorelli. Si sono avvicendati alla direzione i giornalisti Boccini, Mainardi, Cavaterra, Bonanni. Questo è Occidentale, di cui all'inizio dell'articolo abbiamo spiegato il significato del nome. Adesso lo investe una ondata giovanile, che, continuandone e arricchendone i temi, conta, dopo i primi suoi 34 anni di vita, di alzargli la voce e di aggiungerne almeno altrettanti.

Perché OCCIDENTALE...

di Gabriele Adinolfi

Il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire
Franco Battiato

 

Occidente è dove muore il sole.

Occidente è dove muore la civiltà. È l’appendice che si trova all’estrema sinistra, roccaforte di pellegrini eretici, di mistici folli, di scarti umani che, tramite il genocidio dei pellirosse e lo schiavismo degli africani, costruirono l’ultimo paradiso artificiale: l’America
“Una specie d’Impero Romano passato direttamente dalla barbarie alla decadenza” così Barnard Shaw e, ancor meglio, Pippo Franco in “Nerone”.
Da quando sono sbarcati, da quando ci hanno prostrati, gli americani hanno portato oltre oceano il centro del mondo. Da Europa si è allora passati a parlare di Occidente. Ovvero di occaso, di tramonto.

Che vuol dire, allora, occidentale ?
Occidentale è colui che ha coscienza di trovarsi in occidente, all’imbrunire, alla fine.
E può adagiarsi a questa fine o lottare per allungare il tardo meriggio oppure ancora far perno su di sé per essere uomo dell’alba, un uomo che aiuta a tramontare.
Chi si arrende – e sono i più – non ha bisogno di esser spiegato.

Chi si ostina a rallentare la notte, ad abbarbicarsi ai simulacri di una civiltà che è stata distrutta, di una libertà che non è mai esistita, di una giustizia che è morta, cerca di far quadrato intorno alle truppe che difendono il petrolio, la droga, i dollari, i privilegi, i genocidi, l’inquinamento, tutti i doni dei signori delle multinazionali. Parla di mondo libero, di valori dell’occidente e di altre facezie, ma altro non è se non uno schiavo che plaude al feroce tiranno nella speranza che gli lasci qualche osso da rosicchiare e che non lo costringa mai a lottare per conquistarsi un pasto.
C’è anche chi recrimina e, recriminando, idolatra esotici beduini virtuali che dovrebbero mettere in pericolo l’impero del male – l’unico esistente – quello della distorsione e della contraffazione: l’America.

Affidando le proprie speranze ad ipotetici combattenti della libertà che prendono verosimilmente gli ordini da Hollywood e mitizzando un discutibile terzomondismo, costoro s’illudono di essere “antagonisti” e aggiungono un po’ di peperoncino e qualche stanca nota alla loro piatta agonia.
Alcuni invece agiscono. Cercano se stessi e a volte si trovano. Liberano spazi, li occupano e vi danno la legge. Una legge ellenico/romano/germanica. Una legge immutabile e al contempo spontanea, naturale per chiunque sia autentico. Cercano alle sorgenti di una civiltà oggi stuprata, deportata e distorta, quella forza vitale che faccia rinascere: anzi nascere perché ogni nascere è un rinascere.

Fanno perno su se stessi obbedendo a quell’imperativo romano che fece grande l’Urbe: hic et nunc, qui ed ora.
Attraversano il tramonto e attendono la notte senza tema del buio, anzi amandolo perché è il ventre che partorirà l’alba.
Ed esclamano, entusiasti, con Zarathustra: “Ecco viene, s’appressa il grande meriggio !”
Perché han finalmente trovato l’alba dentro l’imbrunire. Occidentali contro l’Occidente.