ROTTA FUTURA

Il vaccino marchio - L'industria indifferente

 

Nel  2001, tornato in Italia da poco, cominciai a lavorare per un deputato. Saltuariamente gli giungeva posta che proveniva dal mondo che oggi viene bollato come "antivax", insieme alle proteste dei danneggiati da trasfusioni.

Come ho già scritto, conoscevo già altre polemiche intorno ai vaccini: l'argomento era allora - come oggi - confuso. Quel che è chiaro nel campo dei "provax" sono gli interessi assoluti di salute e quelli enormi economici. Entrambe le parti agitano documenti, studi, statistiche, numeri: non semplici convinzioni, impugnano idee ferree come armi. Dalla parte degli avversari dei vaccini c'è il diritto fondamentale alla libertà di cura e a 

non essere obbligati dallo Stato nelle decisioni in famiglia. In più queste persone hanno un argomento a sostegno, non risolutivo ma inoppugnabile: i malati. Sotto al Parlamento venivano a intervalli regolari i danneggiati da vaccinazioni e trasfusioni a cui lo Stato, così pronto a somministrare sangue e vaccini, si dimostrava molto, molto lento e parco a pagare gli indennizzi.

Un argomento di chi propugna i vaccini obbligatori è che i casi di danno da vaccinazione possono poi essere risarciti in base alla legge, cioè che il rischio per la salute del singolo, affrontato per la tutela della salute di tutti, viene bilanciato dall'offerta di denaro.
Questo è un modo di intendere la medicina e la cura della salute pubblica barbarico, egoista e meschino. Chi chiede vaccini sicuri vuole che la Scienza e lo Stato si preoccupino di minimizzare i rischi, non gli importa quanto si sia larghi di manica a pagare i danneggiati.

Una tecnica che si occupa di farmaci ed è indifferente alle richieste di chi vuole evitare i danni da quei farmaci non fa Medicina; un sistema scientifico che crede di risolvere col denaro il problema dei rischi corsi sulla pelle altrui non può darsi il nome di scienza medica. Anche se se ne occupa un ministro della Sanità e dei dottori laureati è solo un'industria, il cui motto è: «A chi tocca tocca e a chi tocca non s'ingrugna».