ROTTA FUTURA

Leggi indipendenti - sul "fine vita" [IN LAVORAZIONE]

Un argomento che ritorna nel dibattito politico degli ultimi anni è quello del cd "fine vita" cioè del suicidio assistito che, in alcuni casi somiglia pericolosamente all'eutanasia e, in qualche caso, ha visto verificarsi degli omicidi tollerati dalla legge.

Ritengo che la questione della morte volontaria accettata dalla legge verrà riproposta alla ripresa della stagione politica del 2024 e desidero esporre la mia posizione personale su questo argomento, partendo dall'analisi del testo del disegno di legge del senatore Bazoli, n. 104 del 13 ottobre 2022. Il testo riprende quello di una proposta di legge che era stata approvata in prima lettura alla camera dei Deputati nella precedente legislatura. Si tratta quindi di un testo già temprato in commissione e in un ramo del parlamento. Si noti che dopo i cognomi dei primi presentatori, nella lista dei sottoscrittori, figura il cognome del senatore Astorre, morto suicida per precipitazione il 3 marzo 2023.

 NOTA PREPARATORIA SULLA SACRALITÀ DELLA VITA

 PROLOGO

«Vita sei bella,morte fai schifo».
(Claudio Villa)

Se dipendesse da chi scrive, non si dovrebbe discutere una legge sul fine vita, eutanasia o suicidio di stato. Le mie idee sul senso della vita della morte e del dolore, di cattolico, di uomo adulto che ha assistito all'agonia e al trapasso, le mie idee, e anche le mie paure, sono soddisfatte dell'esistenza delle tecniche mediche di terapia del dolore e delle cure palliative, della rinuncia alle cure con sedazione profonda. L'introduzione della legge sul fine vita ci costringe a trattare idee, argomenti, ragionamenti che deprechiamo perché fondamentalmente sbagliati. Rifiuto l'idea che esista una morte oggettivamente dignitosa e definita tale per atto pubblico. Rifiuto l'idea che sofferenze indefinibili e definite da terzi possano portare alla fine della vita le persone affette da disagio psichico o sociale. Rifiuto il tentativo di fare di un fatto naturale, la morte, il fatto più naturale e indistinto di tutti, di farne un fatto speciale, uno spettacolo del singolo, cioè un monumento dell'individuo eretto alla propria morte con la partecipazione della mano pubblica, cosa che per me non è "monumentum", dal latino monēre, ricordare, ma piuttosto mostra della propria morte, da mostrare,da cui le parole "dimostrazione" e "mostruoso", con il quale qualche moribondo vuole essere protagonista di un atto pubblico dal quale, follia estrema, qualcuno ricava anche del denaro, con il crearsi di interessi circostanti alla procedura di morte provocata, interessi micidiali nel senso autentico del termine.

Siamo costretti ad occuparci di qualcosa che non condividiamo perché questo è il campo dove veniamo trascinati a dibattere dalla polemica parlamentare e in questa triste arena almeno avremo la possibilità di alzare il vessillo dei nostri valori, della nostra etica, del nostro amore per la vita come tale e la nostra sfida all'ideologia della morte.

 

 PREMESSA

«Credo che non ci sia niente di nobile nell'aspetto di un uomo morto».
(Audie Murphy, All'inferno e ritorno)

Conosciamo le frasi pubblicitarie del movimento che propaganda il suicidio di Stato. «Decido io come morire». «Libertà di scelta». «Il corpo è mio». Coime se si trattasse della morte di un singolo uomo Tutto come se la morte dell'individuo per eutanasia fosse un fatto strettamente privato, come il suicidio. Il darsi la morte è il più indiduale degli atti, che viene imposto al mondo e costituisce evento individualee speciale per quell'uno, mentre il suicidio di Stato coinvolge la società, con persone, costi, pagamenti, procedure. Il suicidio a cui lo Stato deve partecipare, anche solo per dover essere inerte, diventa un fatto pubblico, un settore economico e un oggetto politico. Diventa statistica e previsione.

Se guardiamo a quattro nazioni dove, con leggi diversi, le persone vengono fatte morire su loro richiesta, e cioè Belgio, Canada, Paesi Bassi e Svizzera, troviamo che nel 2023 i decessi in totale sono stati circa 30.000. L'indice di suicidi di Stato per 100.000 abitanti varia tra i 50 (un sucidio per 2.000 abitanti all'anno!) e il 18,5 e questo è spiegabile con le differenze in cultura e metodi di applicazione delle pratiche di morte in base alla legge.
La tendenza al ricorso a tali pratiche è in tutti i paesi in aumento notevole e stabile di anno in anno, molto approssimativamente del +8% all'anno nel complesso. In Canada l'aumento dei decessi attraverso ilsistema M.A.I.D. è di circa +30% all'anno.

Se applicassimo questi indici all'Italia, in modo cautelativo per tenere in conto la cultura cattolica, potremmo dire che l'applicazione di pratiche simili porterebbe almeno 9.600 decessi all'anno. Cinque persone al giorno per cinque giorni feriali a settimana, tutto l'anno. Equivarrebbe alla scomparsa di un paese come Colselice, Lerici, Broni, Racconigi, Lizzano, Cingoli, Volterra, Poggio Renatico, all'anno.

Non è una questione in cui la politica può parlare di "lui", come se il suicidio di Stato fosse la questione di un solo individuo che compie un atto esemplare. Si deve parlare di "loro", dei cittadini in difficoltà che vengono avvicinati a un sistema con attori, interessi, regole, reati, che sono giustapposti e voluti dalla società, attraverso la legge dello Stato. 

 OBIETTIVO

«E io, che andavo a tutti i funerali
che c’erano a Spoon River, giuro che mai
ho visto la faccia d’un morto senza pensare che pareva
qualcosa di lavato e stirato.»

(Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River)

L'obiettivo è quello che sia approvata una legge che riguardi strettamente il "fine vita" di chi è in agonia, cioè permettere al cittadino di decidere dei modi della propria morte imminente, in ossequio alla libertà di cura che è diritto dell'individuo per sé stesso. Caio sta per morire, soffre i dolori del male che lo porta verso la morte inevitabile e vicina e dice:
«voi non potete impormi pratiche mediche che non mi salvano dalla morte e prolungano la mia vita e le mie sofferenze contro la mia volontà, per soddisfare più i vostri bisogni morali ed economici di impormi le cure mediche più di quanto io desideri che la mia vita prosegua in questa condizione medicalmente estrema».

Nella nostra visione il singolo agonizzante ha diritto ha decidere della propria agonia. Rinuncia alle cure e viene sedato per morire senza altro dolore.
Attore, il singolo; oggetto: agonia; questione: come.
Oggettività della situazione individuale: massima, è individuata la patologia, l'imminenza della morte, il paziente si trova nella condizione agonica.

Nelle proposte di legge sul fine vita al discorso «Io, la mia agonia, come» si affiancano mimeticamente percorsi che sembrano simili, in realtà con tutt'altro contenuto; vengono allargati a gruppi sociali che ritengono di soffrire e valutano di soffrire troppo per vivere. Si apre la via a discorsi in cui alle persone con sofferenze che non sono terminali viene suggerito che possano decidere di morire prima del tempo.
Attore: gruppo di individui; oggetto: morte; questione: quando.
Oggettività: discutibile, è soggettiva la percezione della sofferenza da parte della persona, la prospettiva di vita, la persona interpreta da solo la propria condizione nel dialogo con terzi che traggono benefici dal fine vita, medici, associazioni legate all'industria del fine vita, comitati indicati dallo Stato.

Le esperienze di altri paesi suggeriscono che il fine vita diventi infine parte di un discorso pubblico che esautora l'individuo del totale controllo sul discorso privato relativo alla sua stessa morte. Gli interessi economici intorno al decesso "opportuno" delle persone crea la formazione di un ambiente propagandistico tanatologico che suggerisce e spinge persone vulnerabili verso il suicidio di Stato, persone non inquadrabili nel modello iniziale per cui era stata proposta la legge, del paziente agonizzante. Al suicidio di Stato vengono avviate persone in accettabile condizione di salute, tanto che persone nelle stesse identiche condizioni personali a morire non ci pensano per nulla. Il meccanismo collettivo fa propaganda presso gruppi sociali della fine della vita non perché è minacciata dalla morte, piùttosto dell'inopportunità della vita con elementi di problematicità come malattia mentale, difficoltà psicologiche, condizioni mediche croniche.
Attore: la società; oggetto, la vita; questione: se.
Oggettività: nessuna, la percezione della persona viene influenzata dalla collettività in base a interessi generali, come il risparmio statale in spese mediche e di assistenza sociale. All'interesse collettivo si sommano gli interessi dei gruppi e dei singoli che lucrano dal percorso tanatologico.

Quello che vogliamo è questo: la legge sul fine riguardi solo persone in agonia oggettivamente dolorosa, inevitabilee e vicina che concludono in questo modo il propro discorso di vita individuale.
Quello che vogliamo evitare è questo: che la legge sul fine vita porti alla morte persone fragili, portatrici di condizioni trattabili o risolvibili e che questo diventi parte del discorso e dell'interesse del pubblico o di terzi particolari.

DISCUSSIONE

«12 La verità non teme l'indagine»
(David Lane, 88 precetti)

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

COMMENTO: la proposta di legge viene presentata con un articolo 1 che presuppone già, prima dell'approvazione e del vaglio e firma da parte del Presidente della Repubblica, la piena osservanza dei princìpi di Costituzione, Convenzione europea dei diritti dell'uomo e Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europe. Niente di meno. A garanzia di questa "purezza" gli estensori dichiarano nella relazione di voler seguire il percorso indicato dalla corte costituzionale con l'ordinanza n. 207 del 2018, nella quale si indicavano gli elementi per considerare non punibile l'assistenza al suicidio.
Gli elenchiamo e li evidenzieremo nel testo per facilitare l'identificazione dei collegamenti tra testo della proposta di legge e indicazioni dell'ordinanza:

  • persona affetta  da patologia irreversibile
  • fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova intollerabili
  • tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale
  • capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Secondo gli autori della proposta di legge l'articolato non fa altro che dare forma al percorso per il ricorso al suicidio di Stato seguendo la costellazione di regole posta dell'alta corte. Vedremo nel seguito dei commenti come la legge contiene già le botole per far uscire i soggetti dalla via immaginata dagli "ermellini" e dirigerli verso percorsi di eutanasia.

 

Art. 2.

(Definizione)

1. Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5.

2. Tale atto deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere.

3. Le strutture del Servizio sanitario nazionale operano nel rispetto dei seguenti princìpi fondamentali:

a) tutela della dignità e dell'autonomia della persona;

b) tutela della qualità della vita fino al suo termine;

c) adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia.

 

COMMENTO: la proposta di legge all'articolo 2 inserisce - lo evidenziamo con la sottolineatura - il concetto di "dignità" della pratica di suicidio assistito. La parola "dignità" deriva dal latino che ne prese calco dal greco ove significava sia "retto,degno" che "assioma". È da notare che una riflessione intorno alla parola "dignità" venne fatta nel 2019 dall'Accademia della Crusca proprio a riguardo del fine vita, a riprova che l'inserimento nella legge non è casuale o infondato. Sulla "dignità" esistono dei libri che trattano proprio un termine che è tanto alto quanto manipolabile, come "Il cammino della dignità. Peripezie, fascino,manipolazioni di una parola", di N. Casaburi (2011), che "La dignità",di M.Napoli (2011); purtroppo chi scrive non ha avuto modo di consultarli.
Dobbiamo rifiutare in ogni punto l'accostamnento tra l'aggettivo "dignitoso" e il suicidio assistito, il motivo è chiaro: definire la morte per suicidio assistito come una morte caratterizzata da dignità apre la possibilità alla definizione di cosa sia dignitoso al di fuori del testo di legge, creando una indeterminatezza, mentre intanto crea un discrimine tra la morte dignitosa del suicido assistito e le altre condizioni di realizzazione dell'agonia, finendo col proporre una indebita superiorità al modo di morire offerto dallo Stato rispetto alle altre.

Quando la legge parla di "tutela della dignità" è naturale chiedersi:  chi definisce cosa è dignitoso per il paziente? È ovvio che non potranno essere che le persone coinvolte a definire cosa è dignitoso per loro stesse e potranno quindi eccepire che le modalità e le procedure che non sono rispondenti alla loro idea di dignità sono illegittime a fronte del principio del diritto alla morte dignitora di questo articolo. Una volta che i pazienti hanno lo strumento del richiamo alla loro idea soggettiva di dignità i limiti e le disposizioni della legge diventano recessive, diventano per esempio eccepibili le decisioni del comitato etico, diventano contestabili le procedure predisposte dall'autorità sanitaria.
Non è certo pensabile che sia lo Stato che definisce cosa sia una morte dotata di "dignità" e neanche che si lasci che lo facciano informalmente i professionisti coinvolti nelle procedure; questa possibilità è pericolosissima perché indistingubile dal concetto di "vita degna di essere vissuta" alla base, per esempio, delle operazioni di sterminio di malati cronici e inguaribili dell'Aktion T4 del regime nazista.

La pretesa propagandistica del suicidio medicalmente assistito come metodo propriamente dotato di dignità afferma pubblicitariamente la differenza e la  superiorità di quello rispetto agli altri modi con cui la persona trapassa allo stato di morte.
Chi muore con il suicidio di Stato, con l'iniezione, vede tutelata la dignità: questo dice la legge, senza fare riferimento ad una dignità soggettiva, ma in modo generale, quindi oggettivo. La differenza con chi passa altro modi di agonia è che la dignità di quel trapasso è opinabile. Chi scegli di morire a casa, chi smania fino all'ultimo per stare con i suoi cari, chi muore d'un colpo, chi si toglie la vita con sofferenza: la dignità di tutti costoro viene messa in dubbio.
Che la "dignità" possa essere stabilita a livello collettivo risulta anche dall'intervento dell'Accademia della Crusca. Nella proposta di legge in esame questo concetto diventa punto di indeterminatezza in cui si alleano a favore della morte la valutazione soggettiva del paziente e l'interesse dello Stato come istituto di politica sanitaria generale, col rischio che tale procedura venga imposta a livello culturale alla collettività.

Si noti che esiste anche un conflitto con la clausola di invarianza finanziaria indicata all'art 9 al momento che al punto c) del comma 2 si prescrivono "adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia". La questione sarà trattata al commento dell'articolo 9.

ATTIVITÀ: eliminare i tutto il testo il riferimento alla dignità. Eliminare in tutto il testo il riferimento a concetti indeterminatamente soggettivi.

 

Art. 3.

(Presupposti e condizioni)

1. Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte.

2. Tale persona deve altresì trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni:

a) essere affetta da una patologia attestata dal medico curante o dal medico specialista che la ha in cura come irreversibile e con prognosi infausta, oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili;

b) essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.

COMMENTO: secondo questo articolo non sono pochi i presupposti per la richiesta del suicidio di Stato che devono sussistere contemporaneamente (l'ordine è numerato e fatto da chi scrive).

  1. Maggiore età
  2. Capacità di intendere e volere
  3. Decisioni libere, attuali, consapevoli, informate
  4. Cure palliative pregresse
  5. Patologia irreversibile e prognosi infausta oppure condizione clinica irreversibile
  6. Sofferenze fisiche e psicologiche insopportate
  7. Trattamenti sanitari di sostegno vitale la cui sospensione provoca la morte

Parrebbe che solo persone in condizione estrema di dolorosa agonia e tenute in vita da macchine possano rivolgersi alla procedura in parola, tuttavia la mancata definizione di alcuni termini, o la presenza di più termini per la stessa condizione di ammissibilità, permettono la proposta di alcune domande.
Al punto 6 si fa riferimento alla parte del comma 1 dove si parla di sofferenze e psicologiche, unite dalla congiunzione "e", mentre nel testo dell'ordinanza dell'alta corte le sofferenze sono unite dalla congiunzione avversativa "o", quindi sofferenze "fisiche e psicologiche", insieme, per la legge, contro la formula "fisiche" oppure "psicologiche", per quanto scritto nell'ordinanza. Gli spazi per la polemica e la modifica della legge sono evidenti; il testo è pronto per essere attaccato come non aderente alle indicazioni della Corte costituzionale che ammette il suicidio di Stato anche per le sole sofferenze piscologiche ritenute insopportabili dal paziente. Chi può dire a una persona che le sue sofferenze psicologiche sono sopportabili? nessuno. Si introduce nel meccanismo un altro aspetto dipendente dalla valutazione soggettiva del paziente, È la persona che presenta la richiesta di morte medicalmente assistita che stabilisce che le sofferenze psicologiche, è l'individuo che la definisce tale con propria scelta autonoma. Se all'individuo verrà apposto il diniego dal comitato etico, egli si potrà rivolgere al giudice lamentando che nelle indicazioni della Corte costituzionale la facoltà di fare la richesta dipendende dalle "sofferenze fisiche o psicologiche, che trova intollerabili". La persona trova, in se stesso, intollerabili le sofferenze psicologiche? Gli va concesso l'accesso alla procedura. È già tutto pronto, è stato preparato il fornello della mina che farà saltare il limiti delle "sofferenze fisiche e psicologiche". La richiesta potrà essere fatta dai depressi e da persone affette da condizioni mentali patologiche, perché saranno loro a dire che la sofferenza psicologica è intollerabile, la sofferenza di vivere la loro condizione.
La malattia mentale diventa motivo per chiedere la morte, in base alla percezione non del medico ma del paziente. Lasciare una decisione del genere alla sola valutazione del paziente, soprattutto se il paziente è affetto da una patologia mentale, contraddice il principio della richiesta di morte consapevole, perché la convinzione è tutta interiore alla persona; se la persona è affetta da una patologia che altera il rapporto di valutazione della realtà, come avviene ai depressi, si apre la strada ad un exitus a cui i medici psichiatri si sono fino a oggi adoperati per evitarlo. Se chiedete ad uno psichiatra vi dirà che concedere il suicidio assistito ad un depresso è omicidio, perché la sua condizione è trattabile e la persona non ha una percezione sana della propria esistenza in vita. Ci sono stati casi famosi di depressi che sono andati in Svizzera per ottenere il suicidio assistito: il magistrato Pietro D'Amico nel 2013, a seguito di una diagnosi infausta, poi rilevatasi errata, e prima di lui nel 2011 Lucio Magri, ex deputato e fondatore del Manifesto, depresso per la scomparsa della moglie. Se si considera che il suicidio assistito in Svizzera è pratica a pagamento, chi lo mette in atto ha un interesse di lucro nell'attività e ha anche interesse nella pubblicità del caso, che gli aumenta i clienti: chi ne realizza la pratica andrebbe perseguito per omicidio volontario col movente del guadagno, ma nessun magistrato si è mai arrischiato a prendere questa inziativa.

Il riferimento alle "sofferenze piscologiche" scollegate a sofferenze fisiche certificabili in questa situazione preparerà, in breve tempo dopo l'approvazione della legge, il campo all'apertura della platea dei richiedenti a persone non affette dal male fisico, ma dalle varie forme del male di vivere, che è immateriale e discutibile.

Esiste la questione dei trattamenti di sostegno vitale, i quali costituiscono prerequisito al punto da noi indicato come 7). Si sbaglai chi crede che tali trattamenti siano solo quelli di sostegno al circuito cardiocircolatorio o sostitutivi dell'attività di un altro organo vitale. Anche cibo e acqua sono considerati da chi propaganda il suicidio assistito come "trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente". idratazione e alimentazione, che furono negati ad Eluana Englaro per causarne il decesso, sono considerati il requisito per soddisfare la presenza di sostegno vitale al paziente, sia che questi siano forzati, assistiti o liberi. Si tratta di una condizione che non discrimina in niente tra i pazienti: chi richiede il suicidio di Stato può indicare cibo e acqua come trattamenti di sostegno vitale o qualsiasi altra terapia, anche che nonporti alla morte immediata o nel breve periodo se sospesa. L'interpretazione amplissima di cosa sia una trattamento di sostegno vitale rende il requisito esistente già per tutti.

ATTIVITÀ: eliminare in tutto il testo il riferimento alle sofferenze psicologiche e la valutazione soggettiva del proprio caso da parte del richiedente. definire idratazione e alimentazione come sostegni di presupposto all'esistenza in vita e alla libera coscienza, differenti dai sostegni sanitari alla sopravvivenza in vita, ed esclusi dal novero dei trattamenti sospendibili per richiedere il trattamento suicidiario.

 
 
 
 
 

 .

 

Art. 4.

(Requisiti e forma della richiesta)

1. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta deve essere manifestata per iscritto e nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesare la volontà.

2. Nel caso in cui le condizioni della persona non lo consentano, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che le consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di due testimoni e di un pubblico ufficiale che attesti l'autenticità, la data e il luogo di espressione della volontà dell'interessato.

3. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere indirizzata al medico di medicina generale o al medico che ha in cura il paziente, nel rispetto della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico.

4. Ricevuta la richiesta, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, anche ai suoi familiari le conseguenze di quanto richiesto e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.

COMMENTO: in questo articolo si descrivono le modalità di richiesta per l'avvio della procedura di suicidio medicalmente assistito. Anche in questo punto, in contrasto con la clausola di invarianza, si prescirve di coinvolgere i servizi di assistenza psicologica per il paziente e i suoi familiari, cosa logica e civile, ma non gratuita perché i professionisti coinvolti devono essere pagati per il loro impegno.

Art. 5.

(Modalità)

1. La morte volontaria medicalmente assistita deve avvenire nel rispetto della dignità della persona malata e in modo da non provocare ulteriori sofferenze ed evitare abusi. La persona malata ha la facoltà di indicare chi deve essere informato nell'ambito della sua rete familiare o amicale e chi può essere presente all'atto del decesso.

2. Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita, espressa nelle forme di cui all'articolo 4, redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l'hanno determinata e lo trasmette senza ritardo al Comitato per la valutazione clinica di cui all'articolo 7 territorialmente competente e all'interessato. Il rapporto è corredato di copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente.

3. Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata.

4. Per la redazione del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all'articolo 3, il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando per iscritto la sua decisione al richiedente.

5. Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sull'esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell'espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l'équipe sanitaria per un'audizione ed è tenuto a sentire il paziente, anche telematicamente o a mezzo di un proprio delegato, per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera.

6. Nel corso del periodo che intercorre tra l'invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest'ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato.

7. Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme con tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell'azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell'azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e che esso sia consentito alle persone prive di autonomia fisica mediante l'adozione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di strumenti, anche tecnologici, che consentano il compimento dell'atto autonomo secondo le disposizioni della presente legge.

8. Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso di parere contrario dello stesso Comitato, resta ferma comunque per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita la possibilità di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della decisione motivata del medico di cui al comma 4 o del parere contrario del Comitato.

9. La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai commi 2 e 5 fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato.

10. Il medico presente all'atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all'articolo 3.

11. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge.

COMMENTO: 

Comma 1. Ritorna il concetto di "dignità della persona malata", che è soggettivo: la procedura deve esssere uguale per tutti e stabilita da un atto di legge generale. Tempi modalità e procedure non possono essere lasciate alla valutazione del singolo.
Si dà alla persona malata la facoltà di indicare chi può essere presente all'atto del decesso. Questa previsione è pericolosa e non ha alcun motivo se non quello di permettere al suicida di spettacolarizzare la propria morte, creando tensioni sociali. È inutile, poiché l'exitus avviene in stato di sedazione, il paziente muore in stato di incoscienza rispetto a ciò che lo circonda. È pericoloso socialmente, perché il moribondo, indicando chi può o non può assistere alle operazioni di suicidio crea le condizioni, rispetto al cerchio delle persone che conosce, per ammissioni o esclusioni, ricatti, vendette, traumi o crisi di coscienza. La persona che chiede il suicidio assistito, nel giorno dell'esecuzione della pratica di assistenza, deve essere in compagnia del solo personale professionale addetto. Questa prescrizione serve anche a tutelare la privacy del personale medico rispetto a chi assisterebbe al suicidio, i rischi sociali di essere riconosciuti in un momento successivo dai parenti come esecutori della morte del congiunto non può che presentare dei rischi, a cominciare da quelli di pressione psicologica sui sanitari.

2. Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita, espressa nelle forme di cui all'articolo 4, redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l'hanno determinata e lo trasmette senza ritardo al Comitato per la valutazione clinica di cui all'articolo 7 territorialmente competente e all'interessato. Il rapporto è corredato di copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente.

COMMENTO: In questo comma si interpone la figura del medico di base tra il richiedente e la commissione di valutazione clinica, prendendo per presupposto che il medico di base abbia le competenze per scrivere il rapporto in modo da esprimere i motivi del richiedente, comprese quelle psicologiche. Questa previsione sembra ignorare due problemi, lo stato reale dei rapporti tra moltissimi medici di base e i loro pazienti e la capacità del medico di rappresentare la volontà del richiedente. Qualora la commissione dovesse dare parere negativo alla procedura, il richiewdente potrà sempre richiedere altre valutazioni migliori, lamentando che quelle precedenti non hanno descritto la sua condizione in modo adeguato. Questa procedura è inutile. Il medico deve indicare solo le condizioni oggettive della patologia del richiedente e di averlo informato in base a termini fissati per regolamento preparato dagli organi sanitari. Non può essere lasciato spazio ad alcuna discrezionalità nella procedura di suicidio assistito. 

3. Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata.

4. Per la redazione del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all'articolo 3, il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando per iscritto la sua decisione al richiedente.

5. Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sull'esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell'espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l'équipe sanitaria per un'audizione ed è tenuto a sentire il paziente, anche telematicamente o a mezzo di un proprio delegato, per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera.

6. Nel corso del periodo che intercorre tra l'invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest'ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato.

7. Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme con tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell'azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell'azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e che esso sia consentito alle persone prive di autonomia fisica mediante l'adozione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di strumenti, anche tecnologici, che consentano il compimento dell'atto autonomo secondo le disposizioni della presente legge.

8. Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso di parere contrario dello stesso Comitato, resta ferma comunque per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita la possibilità di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della decisione motivata del medico di cui al comma 4 o del parere contrario del Comitato.

9. La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai commi 2 e 5 fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato.

10. Il medico presente all'atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all'articolo 3.

11. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge

Art. 6.

(Obiezione di coscienza)

1. L'esercente la professione sanitaria non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 7 al direttore dell'azienda sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente.

2. L'obiezione di coscienza può sempre essere revocata o essere proposta anche fuori del termine di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione ai soggetti di cui al comma 1.

3. L'obiezione di coscienza esonera l'esercente la professione sanitaria dal compimento delle procedure e delle attività specificamente dirette al suicidio e non dall'assistenza antecedente l'intervento.

4. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla presente legge adottando tutte le misure, anche di natura organizzativa, che si rendano necessarie. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione.

 

Art. 7.

(Comitati per la valutazione clinica)

1. Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati, con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono istituiti e disciplinati i Comitati per la valutazione clinica presso le aziende sanitarie locali.

2. I Comitati di cui al comma 1 devono essere multidisciplinari, autonomi e indipendenti, costituiti da medici specialisti, ivi compresi palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti ad essi demandati.

3. Ai componenti dei Comitati di cui al comma 1 non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.

  

Art. 8.

(Esclusione della punibilità)

1. Le disposizioni contenute negli articoli 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge.

2. Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima della data di entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all'articolo 3 della medesima legge e la volontà attuale, libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata.

 

Art. 9.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Art. 10.

(Disposizioni finali)

1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto:

a) individua i requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte volontaria medicalmente assistita;

b) definisce i protocolli e le modalità per la prescrizione, la preparazione, il coordinamento e la sorveglianza della procedura di morte volontaria medicalmente assistita;

c) definisce le procedure necessarie ad assicurare il sostegno psicologico alla persona malata e ai suoi familiari;

d) determina le modalità di custodia e di archiviazione delle richieste di morte volontaria medicalmente assistita e di tutta la documentazione ad essa relativa in forma digitale;

e) definisce le modalità di un'informazione capillare sulle possibilità offerte dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219;

f) definisce le modalità di monitoraggio e di potenziamento della rete di cure palliative che garantisca la copertura efficace e omogenea di tutto il territorio nazionale.

2. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni della presente legge.

 

Art. 11.

(Entrata in vigore)

1. Salvo quanto previsto dal comma 3, la presente legge entra in vigore il novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Nelle more dell'entrata in vigore della presente legge, si provvede all'aggiornamento delle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 1, commi 554 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, conformemente alle prestazioni previste dalle disposizioni della presente legge e nei limiti delle risorse finanziarie destinate al medesimo Servizio sanitario nazionale dalla legislazione vigente.

3. Il comma 2 entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.