Un argomento che ritorna nel dibattito politico degli ultimi anni è quello del cd "fine vita" cioè del suicidio assistito dallo Stato che, in alcuni casi somiglia pericolosamente all'eutanasia e, in qualche caso, ha visto verificarsi degli omicidi che la legge ha ignorato.
Ritengo che la questione della morte volontaria accettata dalla legge e assistita dalla mano pubblica verrà riproposta nella stagione politica del 2024/2025 e desidero esporre la mia posizione personale su questo argomento, attraverso il commento del testo del disegno di legge del senatore Bazoli, n. 104 del 13 ottobre 2022. Il testo riprende quello di una proposta di legge che era stata approvata in prima lettura alla Camera dei Deputati nella precedente legislatura. Si tratta quindi di un testo già temprato in commissione e in un ramo del parlamento. Si noti che dopo i cognomi dei primi presentatori, nella lista dei sottoscrittori, figura il cognome del senatore Astorre, morto suicida per precipitazione il 3 marzo 2023.
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PROLOGO
«Vita sei bella, morte fai schifo». (Claudio Villa)
Se dipendesse da chi scrive, non si dovrebbe discutere una legge sul fine vita, eutanasia o suicidio di stato. Le mie idee sul senso della vita, della morte e del dolore, idee di cattolico, di uomo adulto che ha assistito all'agonia e al trapasso, le mie idee, e anche le mie paure, sono soddisfatte dell'esistenza delle tecniche mediche di terapia del dolore, delle cure palliative, della possibilità di rinuncia alle cure, della sedazione profonda. L'introduzione della legge sul fine vita ci costringe a trattare idee, argomenti, ragionamenti che deprechiamo perché fondamentalmente sbagliati in base ai nostri valori. Rifiuto l'idea che esista una morte oggettivamente dignitosa e definita tale per atto pubblico. Rifiuto l'idea che sofferenze indefinibili e definite da terzi possano portare alla fine della vita le persone affette da disagio o sofferenza psichica o sociale. Rifiuto il tentativo di fare di un fatto naturale, la morte, cioè il fatto più naturale e indistinto di tutti, di farne un fatto speciale, uno spettacolo del singolo, cioè un monumento dell'individuo eretto alla propria morte con la partecipazione della mano pubblica, cosa che per me non è "monumentum", dal latino monēre, ricordare, ma piuttosto "mostra" della propria morte, da mostrare, da cui le parole "dimostrazione" e "mostruoso", con il quale qualche moribondo vuole essere protagonista di un atto pubblico dal quale, follia estrema, qualcuno ricava anche del denaro, poiché si sono creati concreti interessi circostanti alla procedura di morte provocata, interessi micidiali nel senso autentico del termine che deriva dal latino homicidium.
Siamo costretti ad occuparci di qualcosa che non condividiamo perché questo è il campo dove veniamo trascinati a dibattere dalla polemica parlamentare e in questa triste arena almeno avremo la possibilità di alzare il vessillo dei nostri valori, della nostra etica, del nostro amore per la vita come tale e la nostra sfida all'ideologia di morte che cerca di imporci una legge nazionale che propaganda, diffonde, facilita e sovvenziona il passaggio di persone vive allo stato di cadavere.
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PREMESSA
«Credo che non ci sia niente di nobile nell'aspetto di un uomo morto». (Audie Murphy, All'inferno e ritorno)
Conosciamo le frasi pubblicitarie del movimento che propaganda il suicidio di Stato. «Decido io come morire». «Libertà di scelta». «Il corpo è mio». Come se si trattasse della morte di un singolo uomo, tutto come se la morte dell'individuo per eutanasia fosse un fatto strettamente privato, come il suicidio autonomo o l'essere vittima dell'omicidio da consenziente. Il darsi la morte è il più individuale degli atti, gesto che viene imposto al mondo e costituisce evento individuale e speciale solo per quell'uno; al contrario il suicidio di Stato coinvolge la società, con persone, costi, pagamenti, procedure. Il suicidio a cui lo Stato deve partecipare, anche solo per dover essere inerte, diventa un fatto pubblico, un settore economico e un oggetto politico. Diventa statistica e voce di bilancio.
Se guardiamo a quattro nazioni dove, con leggi diversi, le persone vengono fatte morire su loro richiesta, e cioè Belgio, Canada, Paesi Bassi e Svizzera, troviamo che nel 2023 i decessi in totale sono stati circa 30.000. L'indice di suicidi di Stato per 100.000 abitanti varia tra i 50 (un suicidio per 2.000 abitanti all'anno!) e il 18,5 e questo è spiegabile con le differenze in cultura e metodi di applicazione delle pratiche di morte in base alla legge. La tendenza al ricorso a tali pratiche è in aumento notevole, in tutti i paesi, e l'aumento stabile di anno in anno, del +8% all'anno nel complesso, facendo una stima grossolana. In Canada l'aumento dei decessi attraverso il sistema M.A.I.D. è di circa +30% all'anno ed è notizia recente che la pratica di suicidio assistito è responsabile del 5% dei decessi, un canadese ogni venti muore per suicidio di Stato.
Se applicassimo questi indici all'Italia, in modo cautelativo per tenere in conto la cultura cattolica, potremmo dire che l'applicazione di pratiche simili porterebbe almeno 9.600 decessi all'anno. Cinque persone al giorno per cinque giorni feriali a settimana, tutto l'anno. Equivarrebbe alla scomparsa ogni anno di un paese come Colselice, Lerici, Broni, Racconigi, Lizzano, Cingoli, Volterra, Poggio Renatico.
Non è una questione in cui la politica può parlare di "lui", come se il suicidio di Stato fosse la questione di un solo individuo che compie un atto esemplare. Si deve parlare di "loro", dei cittadini in sofferenza e in difficoltà che vengono avvicinati, con una legge dello Stato, a un sistema con attori, interessi, regole, reati, che sono giustapposti e voluti dalla società, un sistema che fa apparire interessi nell'ottenimento della loro morte.
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OBIETTIVO
«E io, che andavo a tutti i funerali che c’erano a Spoon River, giuro che mai ho visto la faccia d’un morto senza pensare che pareva qualcosa di lavato e stirato.» (Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River)
Il nostro obiettivo è quello che, se deve essere approvata una legge sul tema, sia approvata una legge che riguardi strettamente il "fine vita" di chi è in agonia, cioè permettere al cittadino di decidere dei tempi della propria morte imminente, in ossequio alla libertà di cura che è diritto dell'individuo per sé stesso. Caio sta per morire, soffre i dolori del male che lo porta verso la morte inevitabile e vicina e dice: «Voi non potete impormi pratiche mediche che non mi salvano dalla morte prossima e che prolungano la mia vita e le mie sofferenze contro la mia volontà, per soddisfare più i vostri bisogni morali ed economici di impormi le cure mediche più di quanto io in persona desideri che la mia vita prosegua in questa condizione medicalmente estrema».
Nella nostra visione il singolo agonizzante ha diritto ha decidere della propria agonia. Rinuncia alle cure e viene sedato per morire senza altro dolore. Attore, il singolo; oggetto: agonia; questione: come. Oggettività della situazione individuale: massima, è individuata la patologia, l'imminenza della morte, il paziente si trova nella condizione agonica.
Nelle proposte di legge sul fine vita al discorso «Io, la mia agonia, come» si affiancano mimeticamente percorsi che sembrano simili, i quali in realtà hanno tutt'altro contenuto; vengono allargati a gruppi sociali che ritengono di soffrire e valutano soggettivamente di soffrire troppo per vivere. Si apre la via a discorsi in cui alle persone con sofferenze che non sono terminali viene suggerito che possano decidere di morire prima del tempo. Attore: gruppo di individui; oggetto: morte; questione: quando. Oggettività: discutibile, è soggettiva la percezione della sofferenza da parte della persona, la prospettiva di vita, la persona interpreta da solo la propria condizione nel dialogo con terzi che traggono benefici dal fine vita e cioè medici, associazioni legate all'industria del fine vita, comitati indicati dallo Stato.
Le esperienze di altri paesi suggeriscono come il fine vita diventi infine parte di un discorso pubblico che esautora l'individuo del totale controllo sul discorso privato relativo alla sua stessa morte che diventa questione di interesse pubblico. Gli aspetti economici intorno al decesso "opportuno" delle persone crea la formazione di un ambiente propagandistico tanatologico che suggerisce e spinge persone vulnerabili verso il suicidio di Stato, coinvolgendo persone non inquadrabili nel modello iniziale per cui era stata proposta la legge, che era quello del paziente agonizzante. Al suicidio di Stato vengono avviate persone in accettabile condizione di salute, tanto che altre persone, nelle stesse identiche condizioni personali di salute, al morire non pensano per nulla. Il meccanismo collettivo fa propaganda della fine della vita non perché è minacciata dalla morte, piuttosto dell'inopportunità della vita con elementi di problematicità come malattia mentale, difficoltà psicologiche, condizioni mediche croniche che mettono le persone affette ai margini del modello sociale ottimale propagandato dalla società, col rischio quelle persone diventino elementi di critica sociale e dissenso politico. Attore: la società; oggetto, la vita; questione: se. Oggettività: nessuna, la percezione della persona viene influenzata dalla collettività in base a interessi generali, come il risparmio statale in spese mediche e di assistenza sociale. All'interesse collettivo si sommano gli interessi dei gruppi e dei singoli che lucrano dal percorso tanatologico.
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DISCUSSIONE
«12 La verità non teme l'indagine» (David Lane, 88 precetti)
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente legge disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei princìpi della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
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COMMENTO: la proposta di legge viene presentata con un articolo 1 che presuppone già, prima dell'approvazione e del vaglio e firma da parte del Presidente della Repubblica, la piena osservanza dei princìpi di Costituzione, Convenzione europea dei diritti dell'uomo e Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europe. Niente di meno. A garanzia di questa "purezza" gli estensori dichiarano nella relazione di voler seguire il percorso indicato dalla corte costituzionale con l'ordinanza n. 207 del 2018, nella quale si indicavano gli elementi per considerare non punibile l'assistenza al suicidio. Elenchiamo gli elementi dell'ordinanza per facilitare l'identificazione dei collegamenti logici con il testo della proposta di legge:
- persona affetta da patologia irreversibile
- fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova intollerabili
- tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale
- capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Secondo gli autori della proposta di legge l'articolato non fa altro che dare forma al percorso per il ricorso al suicidio di Stato seguendo la costellazione di regole posta dell'alta corte. Vedremo nel seguito dei commenti come la legge contiene già le botole per far uscire i soggetti dalla via immaginata dagli "ermellini" e dirigerli verso percorsi di eutanasia.
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Art. 2.
(Definizione)
1. Si intende per morte volontaria medicalmente assistita il decesso cagionato da un atto autonomo con il quale, in esito al percorso disciplinato dalle norme della presente legge, si pone fine alla propria vita in modo volontario, dignitoso e consapevole, con il supporto e sotto il controllo del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità previste dagli articoli 4 e 5.
2. Tale atto deve essere il risultato di una volontà attuale, libera e consapevole di un soggetto pienamente capace di intendere e di volere.
3. Le strutture del Servizio sanitario nazionale operano nel rispetto dei seguenti princìpi fondamentali:
a) tutela della dignità e dell'autonomia della persona;
b) tutela della qualità della vita fino al suo termine;
c) adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia.
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COMMENTO: la proposta di legge all'articolo 2 inserisce il concetto di "dignità" nel discorso a riguardo del suicidio assistito. La parola "dignità" deriva dal latino che ne prese calco dal greco ove significava sia "retto,degno" che "assioma". È da notare che una riflessione intorno alla parola "dignità" venne fatta nel 2019 dall'Accademia della Crusca proprio a riguardo del fine vita, a riprova che l'inserimento nella legge non è casuale o infondato. Sulla "dignità" esistono dei libri che trattano proprio un termine che è tanto alto quanto manipolabile, come "Il cammino della dignità. Peripezie, fascino,manipolazioni di una parola", di N. Casaburi (2011), che "La dignità", di M.Napoli (2011); purtroppo chi scrive non ha avuto modo di consultarli. È "degno" ciò che nel giudizio collettivo risponde a un modello astratto definito nel discorso pubblico, nel quale inevitabilmente ha una voce preponderante il potere. Se guardiamo alle posizioni del mondo cattolico, si è affermato che la dignità della vita è infinita ed è indisponibile alla discussione e manipolazione simbolica; nel 2017 mons Bagnasco diceva: «La legge sul fine vita, di cui è in atto l’iter parlamentare, è lontana da un’impostazione personalistica; è, piuttosto, radicalmente individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, *padrone assoluto di una vita che non si è dato*. In realtà, la vita è un bene originario: *se non fosse indisponibile tutti saremmo esposti all’arbitrio di chi volesse farsene padrone*». Esattamente sul tema della dignità dell'uomo il Dicastero per la Dottrina della Fede della Chiesa ha presentato nell'aprile 2024 la "Dichiarazione DIGNITAS INFINITA sulla dignità umana" che sull'argomento parla proprio di un concetto errato di dignità umana rivolto proprio contro la vita stessa. Se pure non tutti seguiamo fedelmente le impronte segnate dal passo di Santa Romana Chiesa, siamo rinfrancati dal poterci muovere nella eco di una così autorevole fonte.
Dobbiamo rifiutare in ogni punto l'accostamento tra l'aggettivo "dignitoso" e il suicidio assistito, il motivo è chiaro: definire la morte per suicidio assistito come una morte caratterizzata da tutela della dignità apre la possibilità di discutere cosa sia dignitoso al di fuori del testo di legge, creando una indeterminatezza, mentre intanto crea un discrimine tra la morte dignitosa del suicido assistito e le altre condizioni di realizzazione dell'agonia, finendo col proporre una indebita superiorità del modo di morire offerto dallo Stato rispetto ad altre modalità.
Quando la legge parla di "tutela della dignità" è naturale chiedersi: chi definisce cosa è dignitoso per il paziente? È ovvio che saranno le persone coinvolte a definire cosa è dignitoso per loro stesse e potranno quindi eccepire che le modalità e le procedure che non sono rispondenti alla loro idea di dignità sono illegittime a fronte del principio del diritto alla morte dignitosa di questo articolo di legge. Una volta che i pazienti hanno lo strumento del richiamo alla loro idea soggettiva di dignità, i limiti e le disposizioni della legge diventano recessive, diventano per esempio eccepibili le decisioni del comitato etico, ancora di più diventano contestabili le procedure tecniche predisposte dall'autorità sanitaria. Non è certo pensabile che sia lo Stato che definisce cosa sia una morte dotata di "dignità" e neanche che si lasci che lo facciano informalmente i professionisti coinvolti nelle procedure; questa possibilità è pericolosissima perché indistinguibile dal concetto di "vita degna di essere vissuta" stabilita per procedura burocratica alla base, per esempio, delle operazioni di sterminio di malati cronici e inguaribili dell'Aktion T4 del regime nazista.
La pretesa propagandistica del suicidio medicalmente assistito come metodo propriamente dotato di dignità afferma pubblicitariamente la differenza e la superiorità di quello, rispetto agli altri modi con cui la persona trapassa allo stato di cadavere. Chi muore con il suicidio di Stato, con l'iniezione, vede tutelata la dignità: questo dice la legge, senza fare riferimento ad una dignità soggettiva, ma in modo generale, quindi oggettivo. La differenza con chi sperimenta altri modi di agonia rende opinabile anche la loro dignità; chi scegli di morire a casa, chi smania fino all'ultimo per stare con i suoi cari, chi muore d'un colpo, chi si toglie la vita con sofferenza: la dignità di tutti costoro viene messa in dubbio. Che la "dignità" possa essere stabilita a livello collettivo risulta anche dall'intervento dell'Accademia della Crusca. Nella proposta di legge in esame questo concetto diventa punto di indeterminatezza in cui si alleano a favore della morte la valutazione soggettiva del paziente e l'interesse dello Stato come istituto di politica sanitaria generale, col rischio che tale procedura venga imposta a livello culturale alla collettività.
Si noti che esiste in questo articolo anche un conflitto con la clausola di invarianza finanziaria indicata all'art 9 al momento che al punto c) del comma 2 si prescrivono "adeguato sostegno sanitario, psicologico e socio-assistenziale alla persona malata e alla famiglia". La questione sarà trattata al commento dell'articolo 9.
ATTIVITÀ: eliminare in tutto il testo il riferimento alla dignità. Eliminare in tutto il testo il riferimento a concetti indeterminatamente soggettivi.
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Art. 3.
(Presupposti e condizioni)
1. Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte.
2. Tale persona deve altresì trovarsi nelle seguenti concomitanti condizioni:
a) essere affetta da una patologia attestata dal medico curante o dal medico specialista che la ha in cura come irreversibile e con prognosi infausta, oppure essere portatrice di una condizione clinica irreversibile, che cagionino sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili;
b) essere tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente.
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COMMENTO: secondo questo articolo non sono pochi i presupposti per la richiesta del suicidio di Stato che devono sussistere contemporaneamente (l'ordine è numerato e fatto da chi scrive).
- Maggiore età
- Capacità di intendere e volere
- Decisioni libere, attuali, consapevoli, informate
- Cure palliative pregresse
- Patologia irreversibile e prognosi infausta oppure condizione clinica irreversibile
- Sofferenze fisiche e psicologiche insopportate
- Trattamenti sanitari di sostegno vitale la cui sospensione provoca la morte
Parrebbe che solo persone in condizione estrema di dolorosa agonia e tenute in vita da macchine possano rivolgersi alla procedura in parola, tuttavia la mancata definizione di alcuni termini, o la presenza di più termini per la stessa condizione di ammissibilità, permettono la proposta di alcune domande. Al punto 6 si fa riferimento alla parte del comma 1 dove si parla di sofferenze e psicologiche, unite dalla congiunzione "e", mentre nel testo dell'ordinanza dell'alta corte le sofferenze sono unite dalla congiunzione avversativa "o", quindi sofferenze "fisiche e psicologiche", insieme, per la legge, contro la formula "fisiche" oppure "psicologiche", per quanto scritto nell'ordinanza. Gli spazi per la polemica e la modifica della legge sono evidenti; il testo è pronto per essere attaccato come non aderente alle indicazioni della Corte costituzionale che ammette il suicidio di Stato anche per le sole sofferenze piscologiche ritenute insopportabili dal paziente. Inoltre la condizione "che la persona stessa trova assolutamente intollerabili" rende superflua la valutazione a riguardo del medico e del comitato etico: chi può dire a una persona che le sue sofferenze psicologiche sono sopportabili? Nessuno, lo stabilisce "la persona stessa," a termini di legge. Si introduce nel meccanismo un altro aspetto dipendente dalla valutazione soggettiva del paziente. È la persona che presenta la richiesta di morte medicalmente assistita che stabilisce le sofferenze psicologiche intollerabili, è l'individuo che le definisce tali con propria scelta autonoma. Se all'individuo verrà apposto il diniego dal comitato etico, egli si potrà rivolgere al giudice lamentando che nelle indicazioni della Corte costituzionale la facoltà di fare la richesta dipendende dalle "sofferenze fisiche o psicologiche, che trova intollerabili". La persona trova, in se stesso, intollerabili le sofferenze psicologiche? Gli va concesso l'accesso alla procedura di suicidio assistito. È già tutto pronto, è stato preparato il fornello della mina che farà saltare il limiti delle "sofferenze fisiche e psicologiche". La richiesta potrà essere fatta dai depressi e da persone affette da condizioni mentali patologiche, perché saranno loro a dire che la sofferenza psicologica è intollerabile, la sofferenza di vivere la loro condizione. La malattia mentale diventa motivo per chiedere la morte, in base alla percezione non del medico ma del paziente. Lasciare una decisione del genere alla sola valutazione del paziente, soprattutto se il paziente è affetto da una patologia mentale, contraddice il principio della richiesta di morte consapevole, perché la convinzione è tutta interiore alla persona; se la persona è affetta da una patologia che altera il rapporto di valutazione della realtà, come avviene ai depressi, si apre la strada ad un exitus a cui i medici psichiatri si sono fino a oggi adoperati per evitarlo. Se chiedete ad uno psichiatra vi dirà che concedere il suicidio assistito ad un depresso è omicidio, perché la sua condizione è trattabile e la persona non ha una percezione sana della propria esistenza in vita. Ci sono stati casi famosi di depressi che sono andati in Svizzera per ottenere il suicidio assistito: il magistrato Pietro D'Amico nel 2013, a seguito di una diagnosi infausta, poi rilevatasi errata (!), e prima di lui nel 2011 Lucio Magri, ex deputato e fondatore del Manifesto, depresso per la scomparsa della moglie. Se si considera che il suicidio assistito in Svizzera è pratica a pagamento, chi lo mette in atto ha un interesse di lucro nell'attività e ha anche interesse nella pubblicità del caso, che gli aumenta i clienti: chi ne realizza la pratica andrebbe perseguito per omicidio volontario col movente del guadagno, ma nessun magistrato si è mai arrischiato a prendere questa iniziativa.
Il riferimento alle "sofferenze piscologiche" scollegate a sofferenze fisiche certificabili in questa situazione preparerà, in breve tempo dopo l'approvazione della legge, il campo all'allargamento della platea dei richiedenti a persone non affette dal male fisico, ma dalle varie forme del male di vivere, immateriale e discutibile.
Si noti che anche la condizione del punto 5, "Patologia irreversibile e prognosi infausta oppure condizione clinica irreversibile", apre la possibilità a un allargamento e, in ultima analisi, una elusione dei limiti. La possibilità della richiesta in presenza di una "condizione clinica irreversibile" è talmente vaga e larga che si allarga l'accesso alla procedura a chiunque, anche a persone non malate, perché ogni condizione del corpo è una "condizione clinica": anche essere vivi e in buona salute è una "condizione clinica", la vecchiaia è una "condizione clinica irreversibile", come lo può essere qualunque condizione congenita.
Si nota poi la questione dei trattamenti di sostegno vitale, i quali costituiscono prerequisito al punto da noi indicato come 7). Si sbaglia chi crede che tali trattamenti siano solo quelli di sostegno al circuito cardiocircolatorio o sostitutivi dell'attività di un altro organo vitale. Anche cibo e acqua sono considerati, da coloro che propagandano il suicidio assistito, come "trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente". Idratazione e alimentazione, che furono negati ad Eluana Englaro per causarne il decesso, sono considerati il requisito per soddisfare la presenza di sostegno vitale al paziente, sia che questi siano forzati, assistiti o liberi. Si tratta di una condizione che non discrimina in niente tra i pazienti: chi richiede il suicidio di Stato può indicare cibo e acqua come trattamenti di sostegno vitale o qualsiasi altra terapia, anche che non porti alla morte immediata o nel breve periodo se sospesa. L'interpretazione amplissima di cosa sia una trattamento di sostegno vitale rende il requisito esistente già per tutti.
CASO ESEMPLARE: la cittadina olandese Z.D.B. ha annunciato nell'aprile del 2024 la decisione di ricorrere al suicidio assistito. La malattia che ha indicato come motivo per la scelta era - a secondo di quanto riportato dai giornali - una forma mista di autismo, depressione, disturbo post traumatico. La paziente non aveva patologie fisiche di alcun tipo. È morta alle 13:25 del 22 maggio. Nel frattempo ha reso uno spettacolo la sua scelta: le hanno fatto interviste, ha avuto modo di apparire in foto sui giornali fisici e virtuali e dire a tutti quanto fosse tranquilla e dichiararsi «pro morte». Aveva un compagno, un gatto, le sue ceneri sono state sparse nel bosco come desiderava, le è stata vicino la sua psichiatra. Per giorni, per i mesi precedenti, nessuno è stato capace o forse neanche si è impegnato troppo a far divergere la paziente dalla propria ideazione di morte, anzi, l'hanno assecondata, le hanno detto di essere psicologicamente incurabile, per poi accompagnarla alla morte fisica. Considerato che la paziente era giovane e sana, statisticamente aveva davanti a sé almeno cinquanta anni di vita; ha rinunciato egocentricamente a quello che per milioni di persone malate nel corpo sarebbe una benedizione! e lo Stato ha preso parte a questa scelta della persona contro la vita, per la morte: in pratica Z. è stata uccisa dal fatto di vivere in Olanda e di non avere uno psichiatra abbastanza bravo. |
ATTIVITÀ: eliminare in tutto il testo il riferimento alle sofferenze psicologiche e la valutazione soggettiva del proprio caso da parte del richiedente. Definire idratazione, alimentazione, respirazione come sostegni inalienabili per l'esercizio della libera coscienza, differenti dai sostegni sanitari alla sopravvivenza in vita, ed esclusi dal novero dei trattamenti sospendibili per richiedere il trattamento suicidiario.
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Art. 4.
(Requisiti e forma della richiesta)
1. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere attuale, informata, consapevole, libera ed esplicita. La richiesta deve essere manifestata per iscritto e nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata. La richiesta può essere revocata in qualsiasi momento senza requisiti di forma e con ogni mezzo idoneo a palesare la volontà.
2. Nel caso in cui le condizioni della persona non lo consentano, la richiesta può essere espressa e documentata con videoregistrazione o qualunque altro dispositivo idoneo che le consenta di comunicare e manifestare inequivocabilmente la propria volontà, alla presenza di due testimoni e di un pubblico ufficiale che attesti l'autenticità, la data e il luogo di espressione della volontà dell'interessato.
3. La richiesta di morte volontaria medicalmente assistita deve essere indirizzata al medico di medicina generale o al medico che ha in cura il paziente, nel rispetto della relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico.
4. Ricevuta la richiesta, il medico prospetta al paziente e, se questi acconsente, anche ai suoi familiari le conseguenze di quanto richiesto e le possibili alternative e promuove ogni azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di assistenza psicologica.
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COMMENTO: in questo articolo si descrivono le modalità di richiesta per l'avvio della procedura di suicidio medicalmente assistito. Anche in questo punto, in contrasto con la clausola di invarianza, si prescrive di coinvolgere i servizi di assistenza psicologica per il paziente e i suoi familiari, cosa logica e civile, ma che non può essere considerata gratuita perché i professionisti interpellati devono essere pagati per il loro impegno.
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Art. 5.
(Modalità)
1. La morte volontaria medicalmente assistita deve avvenire nel rispetto della dignità della persona malata e in modo da non provocare ulteriori sofferenze ed evitare abusi. La persona malata ha la facoltà di indicare chi deve essere informato nell'ambito della sua rete familiare o amicale e chi può essere presente all'atto del decesso.
2. Il medico che ha ricevuto dal paziente la richiesta di morte volontaria medicalmente assistita, espressa nelle forme di cui all'articolo 4, redige un rapporto dettagliato e documentato sulle condizioni cliniche e psicologiche del richiedente e sulle motivazioni che l'hanno determinata e lo trasmette senza ritardo al Comitato per la valutazione clinica di cui all'articolo 7 territorialmente competente e all'interessato. Il rapporto è corredato di copia della richiesta e della documentazione medica e clinica ad essa pertinente.
3. Il rapporto deve precisare se la persona è stata adeguatamente informata della propria condizione clinica e della prognosi, se è stata adeguatamente informata dei trattamenti sanitari ancora attuabili e di tutte le possibili alternative terapeutiche. Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha esplicitamente rifiutato tale percorso assistenziale. Nel rapporto il medico è tenuto a indicare qualsiasi informazione da cui possa emergere che la richiesta di morte medicalmente assistita non sia libera, consapevole e informata.
4. Per la redazione del rapporto e la valutazione clinica il medico può avvalersi della collaborazione di medici specialisti. Qualora ritenga che manchino palesemente i presupposti e le condizioni di cui all'articolo 3, il medico non trasmette la richiesta al Comitato per la valutazione clinica, motivando per iscritto la sua decisione al richiedente.
5. Il Comitato per la valutazione clinica, entro trenta giorni, esprime un parere motivato sull'esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla presente legge a supporto della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita e lo trasmette al medico richiedente e alla persona interessata. Ai fini dell'espressione del parere, il Comitato per la valutazione clinica può convocare il medico di riferimento o l'équipe sanitaria per un'audizione ed è tenuto a sentire il paziente, anche telematicamente o a mezzo di un proprio delegato, per accertare che la richiesta di morte medicalmente assistita sia stata informata, consapevole e libera.
6. Nel corso del periodo che intercorre tra l'invio della richiesta al Comitato per la valutazione clinica e la ricezione del parere di quest'ultimo da parte del medico richiedente, al paziente è assicurato un supporto medico e psicologico adeguato.
7. Ove il parere sia favorevole, il medico richiedente lo trasmette tempestivamente, insieme con tutta la documentazione in suo possesso, alla direzione sanitaria dell'azienda sanitaria locale o alla direzione sanitaria dell'azienda ospedaliera di riferimento, che deve attivare le verifiche necessarie a garantire che il decesso avvenga, nel rispetto delle modalità di cui al comma 1, presso il domicilio del paziente o, laddove ciò non sia possibile, presso una struttura ospedaliera e che esso sia consentito alle persone prive di autonomia fisica mediante l'adozione, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di strumenti, anche tecnologici, che consentano il compimento dell'atto autonomo secondo le disposizioni della presente legge.
8. Nel caso in cui il medico non ritenga di trasmettere la richiesta al Comitato per la valutazione clinica o in caso di parere contrario dello stesso Comitato, resta ferma comunque per la persona che abbia richiesto la morte volontaria medicalmente assistita la possibilità di ricorrere al giudice territorialmente competente, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della decisione motivata del medico di cui al comma 4 o del parere contrario del Comitato.
9. La richiesta, la documentazione e il parere di cui ai commi 2 e 5 fanno parte integrante della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico ove già attivato.
10. Il medico presente all'atto del decesso è in ogni caso tenuto previamente ad accertare, eventualmente avvalendosi della collaborazione di uno psicologo, che persista la volontà di morte volontaria medicalmente assistita e che permangano tutte le condizioni di cui all'articolo 3.
11. Il decesso a seguito di morte volontaria medicalmente assistita è equiparato al decesso per cause naturali a tutti gli effetti di legge.
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COMMENTO: Comma 1. Ritorna il concetto di "dignità della persona malata", che è soggettivo: la procedura deve esssere uguale per tutti e stabilita da un atto di legge generale. Tempi modalità e procedure non possono essere lasciate alla valutazione del singolo. Si dà alla persona malata la facoltà di indicare chi può essere presente all'atto del decesso. Questa previsione è pericolosa e non ha alcun motivo se non quello di permettere al suicida di spettacolarizzare la propria morte, creando tensioni sociali. È inutile, poiché l'exitus avviene in stato di sedazione, il paziente muore in stato di incoscienza rispetto a ciò che lo circonda e gli è indifferente chi è presente. È pericoloso socialmente, perché il moribondo, indicando chi può o non può assistere alle operazioni di suicidio crea le condizioni, rispetto al cerchio delle persone che conosce, per ammissioni o esclusioni, ricatti, vendette, traumi o crisi di coscienza. Vi è poi il problema della tutela della riservatezza del personale medico che pratica il trattamento di morte rispetto a chi assisterebbe al suicidio, i rischi sociali per gli operatori sanitari di essere riconosciuti in un momento successivo dai parenti come esecutori della morte del congiunto non può che presentare dei rischi, a cominciare da quelli di pressione psicologica sui sanitari. ATTIVITÀ: Prevedere per legge che la persona che chiede il suicidio assistito, nel giorno dell'esecuzione della pratica di assistenza al suicidio, deve essere in compagnia del solo personale professionale addetto della struttura sanitaria, anche per i conforti religiosi e che sono vietate riprese e trasmissioni delle operazioni, a parte quelle per la sicurezza interna previste dalla struttura sanitaria.
Comma 2 e 3. In questo comma si interpone la figura del medico di base tra il richiedente e la commissione di valutazione clinica, prendendo per presupposto che il medico di base abbia le competenze per scrivere il rapporto in modo da esprimere i motivi del richiedente, comprese quelle psicologiche, oltre ad avere i metodi per indagare la libertà e consapevolezza della persona. Questa previsione sembra ignorare due problemi, da una parte lo stato reale dei rapporti tra medici di base e i loro pazienti, che non sempre sono improntati all'alleanza, al supporto e al rispetto, e poi la capacità del medico di rappresentare la volontà del richiedente. Qualora la commissione dovesse dare parere negativo alla procedura, il richiedente potrà sempre richiedere altre valutazioni migliori, lamentando che quelle precedenti fornite dal medico di base non hanno descritto la sua condizione in modo adeguato. Questa procedura è inutile. Il medico deve indicare solo le condizioni oggettive della patologia del richiedente e confermare di averlo informato in base a termini fissati per regolamento preparato dagli organi sanitari per poi inviare sempre la documentazione alla commissione di valutazione. Non può essere lasciato spazio ad alcuna discrezionalità nella procedura di suicidio assistito. Notiamoche vi è una indeterminatezza nei tempi della procedura con l'uso della forma "lo trasmette senza ritardo al Comitato": come si misura il ritardo se non c'è un termine di tempo? Vi è il rischio che delle richieste si accumulino in un cassetto in attesa della preparazione del "rapporto dettagliato" del comma 2. ATTIVITÀ: eliminare l'espressione di ogni opinione nei passaggi di trasmissione della domanda del richiedente, i controlli successivi sono in capo alla successiva commissione. Stabilire tempi certi per la trasmissione del rapporto con la domanda.
Comma 4. La previsione dell'eventuale richiesta di un parere a medici specialisti cozza anche in questo comma con la clausola di invarianza.
Comma 5 e 6. I commi prevedono l'audizione facoltativa del medico curante e di specialisti, il supporto medico e psicologico. Chi paga i rimborsi per le spese e il tempo di questi professionisti?
Comma 7. È paradossale che in questo comma si preveda che il suicidio per le persone prive di autonomia fisica possa avvenire solo "nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili". Se i soldi e le persone non ci sono, che si fa? Alla persona si nega l'accesso alla procedura? La clausola di invarianza finanziaria dell'art. 9 appare ancora più grottesca a fronte delle previsioni di questo comma. Inoltre si prevede prioritariamente la possibilità di effettuare la precedura a domicilio del richiedente. Ribadiamo che l'attuazione delle procedure fuori delle strutture sanitarie può portare a problemi organizzativi e discriminazioni in una situazione estrema. ATTIVITÀ: eliminare la possibilità del decesso a domicilio e prevedere solo l'esecuzione della procedura finale in strutture sanitarie pubbliche.
Comma 8. La possibilità di ricorrere al giudice ordinario per il richiedente che si veda negato il permesso al suicidio assistito dalla commissione conferma la natura burocratica dela procedura, dove diritti e determinazioni scientifiche sono considerati opinabili e discutibili in un tribunale. Se non vengono stabiliti termini oggettivi delle forme patologiche che giustifichino, oppure no, la concessione dell'assenso dalla commissione ogni richiesta diventa valutabile soggettivamente e suscettibile di attivare un percorso di ricorsi e controricorsi, con l'apparire di costi per la collettività provocati dalle valutazioni soggettive dei singoli. La Commissione di valutazione deve avere regole e punti di riferimento fermi, modificabili solo per regolamento nazionale.
ATTIVITÀ: stabilire procedure chiare e definizioni oggettive per le attività di valutazione della commissione medica, uguali in tutto il Paese. Liste di patologie definite e chiuse, liste di sintomi misurabili.
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Art. 6.
(Obiezione di coscienza)
1. L'esercente la professione sanitaria non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'assistenza alla morte volontaria medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 7 al direttore dell'azienda sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente.
2. L'obiezione di coscienza può sempre essere revocata o essere proposta anche fuori del termine di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione ai soggetti di cui al comma 1.
3. L'obiezione di coscienza esonera l'esercente la professione sanitaria dal compimento delle procedure e delle attività specificamente dirette al suicidio e non dall'assistenza antecedente l'intervento.
4. Gli enti ospedalieri pubblici autorizzati sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dalla presente legge adottando tutte le misure, anche di natura organizzativa, che si rendano necessarie. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione.
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COMMENTO: Il comma 3 costringe gli obiettori di coscienza a partecipare alle attività preparatorie del suicidio di Stato, calpestando il significato di tale obiezione. Il divieto di poter usufruire dell'opzione di obiezione se non dopo un mese è impreciso e burocratico: si possono prendere decisioni nuovo in ogni momento, tanto più in untema come quello in parola. ATTIVITÀ: permettere agli obiettori di astenersi da tutte le attività specificamente legate alla "morte medicalmente assistita" e di poter scegliere in ogni momento l'obiezione, con delle regole per la ritrazione e la permanenza per non creare inutili problemi all'azienda, senza anteporre le questioni lavorative a una scelta così importante. |
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Art. 7.
(Comitati per la valutazione clinica)
1. Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati, con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono istituiti e disciplinati i Comitati per la valutazione clinica presso le aziende sanitarie locali.
2. I Comitati di cui al comma 1 devono essere multidisciplinari, autonomi e indipendenti, costituiti da medici specialisti, ivi compresi palliativisti, e da professionisti con competenze cliniche, psicologiche, giuridiche, sociali e bioetiche idonee a garantire il corretto ed efficace assolvimento dei compiti ad essi demandati.
3. Ai componenti dei Comitati di cui al comma 1 non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
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COMMENTO: Al comma 1 le parole "Al fine di garantire la dignità delle persone malate e di sostenere gli esercenti le professioni sanitarie nelle scelte etiche a cui sono chiamati" sono inutili, servono solo a ribadire nel testo la parola "dignità". Al comma 3 si ripete che tutte le attività professionali secondo chi vota questa legge devono essere rese a titolo gratuito, cosa del tutto impossibile, sia che i membri del comitato siano professionisti del settore privato sia che siano dipendenti pubblici. I comitati devono muoversi in tempi ridotti e definiti e il decreto deve indicare i tempi per la costituzione, per evitare difformità tra Regione e Regione. Trattandosi di attività sanitaria il decreto rischia di creare un conflitto in materia sanitaria su cui le Regioni hanno competenza esclusiva. ATTIVITÀ: definire nell'articolo termini più precisi da inserire nel decreto del Ministro della salute. |
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Art. 8.
(Esclusione della punibilità)
1. Le disposizioni contenute negli articoli 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine la predetta procedura, qualora essa sia eseguita nel rispetto delle disposizioni della presente legge.
2. Non è punibile chiunque sia stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato in qualsiasi modo la morte volontaria medicalmente assistita di una persona prima della data di entrata in vigore della presente legge, qualora al momento del fatto ricorressero i presupposti e le condizioni di cui all'articolo 3 della medesima legge e la volontà attuale, libera, informata e consapevole della persona richiedente fosse stata inequivocabilmente accertata.
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COMMENTO: Al comma 2 si prevede l'amnistia per chi abbia assistito dei suicidi prima della legge, stabilendo termini di indulgenza da applicare retroattivamente a giudizi già completati. ATTIVITÀ: cancellare il comma 2. La legge vigente si applica e l'omicidio del consenziente già compiuto, se non si tratta di omicidio per interesse, anche un interesse morale, deve essere punito. |
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Art. 9.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti ivi previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
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COMMENTO: L'articolo 9 ha la pretesa che tutte le attività di una procedura medica che coinvolge professionisti e istituzioni pubbliche e che pretende di assicurare interventi non abbia costi per le amministrazioni. Questo è un vero e proprio abuso, tanto più che la legge nazionale crea per le Regioni, che hanno competenza esclusiva sulla Sanità, nuove spese per un'attività medica. L'articolo di legge è contrario alla logica e ai fatti. ATTIVITÀ: chiedere una valutazione, in base alle esperienze di altri paesi, del costo delle prestazioni dei professionisti privati e del costo della sottrazione dei dipendenti pubblici da altri impieghi, al fine di stabilire il costo della legge per un numero ipotetico di casi annui e definire il costo per la finanza pubblica della legge in discussione. Non farlo rende la legge incostituzionale a fronte dell'art. 81 Cost (pareggio di bilancio). |
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Art. 10.
(Disposizioni finali)
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto:
a) individua i requisiti delle strutture del Servizio sanitario nazionale idonee ad accogliere le persone che fanno richiesta di morte volontaria medicalmente assistita;
b) definisce i protocolli e le modalità per la prescrizione, la preparazione, il coordinamento e la sorveglianza della procedura di morte volontaria medicalmente assistita;
c) definisce le procedure necessarie ad assicurare il sostegno psicologico alla persona malata e ai suoi familiari;
d) determina le modalità di custodia e di archiviazione delle richieste di morte volontaria medicalmente assistita e di tutta la documentazione ad essa relativa in forma digitale;
e) definisce le modalità di un'informazione capillare sulle possibilità offerte dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219;
f) definisce le modalità di monitoraggio e di potenziamento della rete di cure palliative che garantisca la copertura efficace e omogenea di tutto il territorio nazionale.
2. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni della presente legge.
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COMMENTO: L'articolo unisce i problemi dei precedenti articoli sulla indeterminatezza dei termini di applicazione della legge, che vengono lasciati a scottare le mani del solo Ministro della salute, o - meglio - dei funzionari del ministero, e l'infrazione dell'autonomia delle Regioni. |
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Art. 11.
(Entrata in vigore)
1. Salvo quanto previsto dal comma 3, la presente legge entra in vigore il novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
2. Nelle more dell'entrata in vigore della presente legge, si provvede all'aggiornamento delle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 1, commi 554 e 559, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, conformemente alle prestazioni previste dalle disposizioni della presente legge e nei limiti delle risorse finanziarie destinate al medesimo Servizio sanitario nazionale dalla legislazione vigente.
3. Il comma 2 entra in vigore il giorno successivo alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
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OSSERVAZIONE
«Il soylent è fatto con i corpi... dei morti...» (dal film "2022: I sopravvissuti", del 1973)
Abbiamo già chiarito che questa legge tratta un argomento di cui rifiutiamo i presupposti e gli obiettivi; vogliamo descrivere in generale ciò che rifiutiamo prima di trattare la nostra proposta sul tema. Le società del Primo e Secondo Mondo stanno lentamente uscendo da un periodo di opulenza delle proprie classi dirigenti; il declino appare inevitabile e le classi dominanti lottano per preservare i propri livelli di qualità della vita in termini di bisogni, privilegi e lussi e l'unico modo che conoscono è quello di agire nel solo settore dove mantengono un potere di azione: sulle classi sottomesse.
La strategia di sopravvivenza da parte delle classe dominante, brutale quanto rozza, ha un presupposto: il massimo e stretto controllo sulle reazioni dei dominati. Per questo motivo la società del Secondo mondo e molto di più del Primo, che gli è assoggettato, vengono avviluppate in una rete di controlli sempre più stretti, rigidi e prossimi ai cittadini; in più, i controlli devono essere totali cioè essere motivati da un'unica rete ideologica e devono interessare tutti gli aspetti della vita personale degli individui appartenenti alle classi soggette. Sono controllati e viene giustificato dalla propaganda il controllo del concepimento, della nascita, dell'infanzia e dell'educazione, della formazione e dell'avviamento al lavoro, della carriera e della formazione della famiglia, dell'invecchiamento e della morte. Sono coerenti a questo controllo la propaganda sull'alimentazione e la salute. Non vengono lasciati senza presidio neanche lo sport, il tempo libero, la religione, l'arte e persino i percorsi di organizazione del dissenso.
La legge sul suicidio assistito rientra in questa strategia di controllo, repressione e sfruttamento economico: permette di liberarsi di persone insoddisfatte del sistema sanitario e del sistema di assistenza sociale che possono diventare cellule di dissenso e testimoni di incapacità del governo. Per ottenere il consenso alla loro liquidazione il sistema culturale deve prima convincere le persone che questo è dignitoso per loro e che non vi è speranza nella vita, ma suggerirgli la speranza della dignità nella morte e, soprattutto, negare l'esistenza di alcuna responsabilità della società verso di loro, perché la scelta è completamente individuale, che la loro è una scelta di libertà e non di esservi avviate subdolamente con la propaganda di una scelta che è contraria all'istinto di sopravvivenza. In aggiunta, più concretamente, il sistema di suicidio assistito permette allo Stato, tecnicamente fallito, di risparmiare risorse fiscali dalle spese mediche e assistenziali: si trasformano risorse pubbliche che dovevano essere spese per le cure croniche in occasione di guadagno per i burocrati e gli operatori delle professioni mediche e d'aiuto che accompagnano i suicidi attraverso il percorso. Far morire i cittadini contribuenti diventa un settore d'impresa pubblico, in modo che colui che pagò le tasse può farle intascare come denaro ai burocrati della morte, e la nuda vita che per il potere costituisce una passività di bilancio cambia segno contabile, diventa attività, la sua soppressione funzione d'istituto del governo sanitario.
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DEDUZIONE
«Die if you want to, you innocent puppet!» (dal film "Jesus Christ Superstar", del 1973)
Non è scorretto che qualcuno ci chieda qual è la nostra proposta per la persona agonizzante che rifiuti la prosecuzione delle cure senza speranza. La persona non può essere costretta a subire cure di alcun tipo, è quindi logico che debba poter rinunciare ai trattamenti medici che la tengono in vita quando non vi è speranza di guarigione e vi sia dolore, con il solo limite della scelta consapevole, integra e libera. Consapevole quando la persona è informata e convinta di cosa succederà alla sua vita per conseguenza della sua scelta; integra quando la persona è informata e convinta delle alternative di vita alla sua scelta di morte; libera quando la persona opera la scelta senza condizionamenti esterni alla propria coscienza da parte di terzi interessati.
In questo solo caso la persona deve avere accesso alla sedazione profonda dopo la sospensione delle cure e a un trattamento che ne abbrevi il tempo tra la sospensione della coscienza e l'exitus. Un suicidio assistito dallo Stato, sì, con limiti definiti che escludano da questo processo tutti coloro che non sono malati e coloro non soffrono fisicamente, coloro la cui malattia non abbia un prognosi infausta a breve termine e coloro che non sono nel pieno possesso delle loro capacità di esprimere il consenso libero, consapevole e pieno. Ne devono essere escluse le persone che hanno una diagnosi di patologia mentale e altra infermità che affliggono la ragione e la libera volontà, i criminali, i minori, chi ha tentato o minaccia il suicidio. La procedura deve essere svolta in strutture pubbliche, con la collaborazione di soli dipendenti pubblici e deve escludere nella sua esecuzione finale la presenza o la testimonianza di terzi.
La legge deve punire chiunque propagandi le pratiche di suicidio di Stato per motivi politici e chiunque tragga profitto, in qualsiasi forma, da esse.
Per chi ritenga di voler morire e non trovi la collaborazione dello Stato che rifiuta di farsi suo assassino, perché il richiedente non si trova all'interno delle condizioni suddette, ci sono il suicidio e l'omicidio del consenziente, che sono atti privati, liberi e individuali che la società e la legge contrastano.
Quel che vogliamo è una legge che permetta allo Stato di assistere sinceramente i moribondi a sfuggire al dolore d'agonia di cui nessuno ha colpa. Quel che non vogliamo è una legge che dia il potere allo Stato di offrire ipocritamente ai vivi di liberarli dalla difficoltà di vivere, nella quale lo Stato ha sempre una responsabilità.
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Questo lavoro è dedicato alla memoria di Guido Grana, morto sapendo di voler vivere, e di Eluana Englaro, morta non sapendo di non poter più vivere |