Riforma costituzionale - 50 anni di sabotaggio
Il fronte del Sì ripete la menzogna che il bicameralismo va cambiato perché frutto malato nel 1948 di un accordo al ribasso tra le forze politiche nella Costituente. Ho sentito alla radio un senatore di ALA che lo ripeteva con l'aggiunta che nella nostra Costituzione ci son scritte "sciocchezze" (sic!). Personaggi, giornalisti, blogger tutti insistono: «bicameralismo sbagliato... accordo pasticciato nella costituente»
Peccato che il bicameralismo scritto nella Costituzione del 1948 noi non lo abbiamo mai visto in funzione. Mai. Venne sabotato cinquanta anni fa dai partiti, dalla stessa gente che oggi cerca di imporci la riforma costituzionale Boschi.
L'insistenza sulla questione della "velocità" e "efficienza" è tipica del comitato per il Sì, che dipinge la produzione delle leggi come un fabbrica di torte: il governo ordina, il parlamento sforna. Hanno una visione della produzione legislativa tipo Turchia di Erdogan e Russia di Putin.
A me invece piace la democrazia, dove il Parlamento può dire «no», «forse», «aspetta». Quello che Kenneth Burke chiamò "balbettio" delle democrazie ne è la caratteristica vincente. Il bicameralismo antico in Inghilterra - da una parte la camera dei lord e dall'altra la camera dei comuni, proprietari terrieri e borghesi ricchi - permise alla Gran Bretagna di essere la maggior potenza mondiale per due secoli. Il bicameralismo paritario uguale al nostro è la regola del potere legislativo negli USA e funziona benissimo.
Nel vecchio sistema inglese le due camere erano l'espressione di due classi sociali distinte, separate dal lignaggio. Nel sistema americano le camere sono diverse perché vengono elette con tempi diversi e su collegi diversi.
Per comodità incollo il testo della wikipedia:
"La Camera dei Rappresentanti è formata da 435 membri, ciascuno dei quali rappresenta un distretto e rimane in carica due anni. I seggi alla Camera sono distribuiti tra i vari Stati a seconda della popolazione. Il Senato, dal canto suo, è composto da due senatori per ogni stato (quindi da 100 senatori), che rimangono in carica per sei anni (ogni due anni viene rinnovato un terzo del Senato, contestualmente all'elezione dell'intera Camera dei rappresentanti)."
Avere due camere permette alle differenze politiche nel corpo sociale di emergere e essere discusse alla luce del sole. Perché questo avvenga le due camere devono avere delle differenze, esprimere in modo diverso la volontà del popolo sovrano; di tutte le caratteristiche la differenza più importante è la frequenza nei momenti di elezione. In America, mano mano che la situazione politica cambia, l'elettore americano si esprime spessissimo a livello nazionale; vota un anno sì e un anno no e manda rappresentanti e senatori che esprimono il suo sentire politico con regolarità. Dopo soli due anni dall'elezione il potentissimo presidente USA si può vedere ribaltata la maggioranza, se questa è la volontà del Popolo; in un sistema bicamerale con camere elette di frequente i parlamentari e il governo sono sotto scrutinio continuo e a frequente rischio di vedersi mettere all'angolo dalla volontà popolare. Quindi devono stare attenti a quello che fanno, e sempre servire il Popolo elettore che con voti frequenti può esercitare la sovranità.
Sarebbe stato così anche in Italia, se DC e PCI non avessero deciso di sabotare il sistema.
Il sistema concepito alla Costituente era completamente diverso, perché le due camere avevano durata diversa e quindi le elezioni di Senato e Camera dei Deputati sarebbero state quasi sempre distinte. Nel testo del 1948 (questo è un ritaglio dell'anastatica dell'originale) la Camera durava cinque anni, il Senato sei.
Quindi un anno si sarebbe votata la compagine di un solo ramo del Parlamento e l'altro sarebbe rimasto intatto. Ci sarebbe stata sempre una camera in carica, anche sotto elezioni.
Questo non poteva piacere ai partiti italiani. No, no, no. L'elettore sarebbe venuto a esprimersi ogni due, tre anni, di rado con intervalli di quattro anni. In trenta anni, senza scioglimenti anticipati, si sarebbe votato 10 volte. Questo non poteva andare bene ai partiti, che vogliono le poltrone in parlamento per il tempo più lungo possibile; considerato che sia la DC che il PCI volevano governare senza intoppi (come oggi!), senza correre il rischio che dopo solo un paio di anni, o anche uno solo, gli elettori potessero togliergli il controllo di una camera.
Con il voto separato dei rami del Parlamento questo rischio sarebbe stato ancora maggiore. Col sistema attuale l'elettore riceve due schede e non sa come sarà composto il nuovo Parlamento, quindi ha la tendenza a votare per lo stesso partito in entrambi i rami; avendo in ballo una sola camera, una sola scheda da votare, sapendo bene come sarebbe rimasta composta l'altra camera, sarebbe stato più facile che l'elettore potesse voler fare degli "esperimenti" e dare a una maggioranza politica diversa la camera in elezione e creato le condizioni per camere discordi, cosa che avrebbe poi costretto le forze politiche al dibattito e agli accordi alla luce del sole, da testimoniare con il voto parlamentare. Anche questo dovette sembrare odioso alla partitocrazia. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano si accordarono per sabotare il sistema.
Vediamo come.
Non ci sono mai state elezioni separate di Camera e Senato. Dopo il 1948 le camere vennero entrambe sciolte in anticipo dal Presidente della Repubblica (nel 1953 e nel 1958) e gli elettori dovettero votarle sempre assieme. Poi, nella III legislatura, i grandi partiti si accordarono e riuscirono, con altre cose, a rendere uguale la durata di ciascuna camera a cinque anni. Era stata presentata una proposta di legge costituzionale fin dalla II legislatura per cambiare il meccanismo in modo più gradito ai partiti e la versione vincente (accoppiata con una proposta Sturzo) venne presentata e fortemente voluta dal governo (come oggi!) nella III legislatura. Il governo era il secondo Fanfani, le proposte la numero S250 e S285. I testi vennero approvati in doppia lettura senza troppa discussione (come oggi!) e diventarono legge, la legge costituzionale n. 2 del 9 febbraio 1963.
Risparmio al lettore l'analisi del dibattiti parlamentare e mi limito a far notare due elementi.
Punto primo: il governo dichiarò apertamente che il primo obiettivo della modifica era quello di equiparare la durata delle camere e abbandonare il sistema voluto nel 1948.
Secondo punto: non ci fu nel 1963 un referendum confermativo come quello che ci verrà sottoposto il 4 dicembre 2016, la riforma aveva ampio il sostegno sia della DC che dell'opposizione di PCI e PSI.
Furono dunque i grandi partiti a sabotare nel 1963 il meccanismo del bicameralismo perfetto e la garanzia democratica per gli italiani delle lezioni frequenti. Dopo aver appiccato il fuoco dell'inefficienza al Parlamento cinquanta anni fa, nel 2016 le stesse forze partitocratiche si ripresentano sotto le spoglie dei pompieri per prendere possesso di ciò che hanno guastato. I nomi dei partiti sono cambiati, le facce presentate sono diverse, la cultura la stessa, il progetto è lo stesso.
La riforma Boschi è il coronamento di una sabotaggio che dura da cinquanta anni. Ci vorrebbe un testo molto più lungo per descrivere tutte le prove di questo crimine, credo che come dimostrazione basti l'identikit di uno dei colpevoli: a votare la riforma costituzionale della legge 9 del 1963 fu anche il deputato della III legislatura On. Giorgio Napolitano.