Ius soli - «Civis romanus... » ovvero la gara dei cretini (edizione 2024)
Ci siamo già occupati dello Ius soli in questo blog nel 2017.
Poiché sappiamo che il tempo è poco per tutti e non pretendiamo che rileggiate i post precedenti, li riassumiamo: nel primo abbiamo evidenziato che gli stranieri in Italia non hanno mai chiesto di appiccicare la cittadinanza italiana ai loro figli minorenni con una nuova legge e che preferirebbero che venissero rispettate le leggi che già ci sono contro lo sfruttamento lavorativo e il lavoro nero, la legge sulla cittadinanza è un modo per non parlare dei problemi sentiti dagli stranieri; nel secondo si è fatto presente che la legge dello Ius soli sarebbe assai sgradita in Europa perché donerebbe ai "nuovi italiani" e alle loro famiglie il diritto alla mobilità illimitata nell'area Schenghen fin dal primo momento dell'acquisizione della cittadinanza.
Ritorniamo sull'argomento per segnalare nel 2024 altre storture nella legge sullo Ius soli, considerato il fatto che nella passata legislatura era stato approvato un progetto di legge a riguardo. Il testo approvato coi voti del PD e della sinistra, con l'astensione del M5S e la contrarietà del centro-destra, concede la cittadinanza ai minori su richiesta di un genitore, a patto che abbiano fatto le scuole. Dopo il compimento della maggiore età l'interessato ha due anni per chiedere di spogliarsi della cittadinanza italiana.
Le questioni problematiche sono quattro, di cui una maggiore.
La prima è che il cittadino italiano con doppia cittadinanza acquisita con altri istituti non può spogliarsi della nostra cittadinanza [a meno che non vada a risiedere all'estero], l'istituto della dismissione della cittadinanza italiana in Italia non esiste e questo crea una discriminazione.
La seconda è che per diversi sistemi giuridici stranieri l'acquisto della cittadinanza straniera - la nostra - fa perdere di regola la cittadinanza di nascita. La conseguenza sarebbe di creare famiglie in cui il minore è cittadino italiano e basta, mentre gli altri familiari hanno solo cittadinanza straniera. Non pensate che questo non succeda e non abbia conseguenze: è già capitato che l'incauta formulazione della legge sul riacquisto della nostra cittadinanza per gli abitanti di lingua italiana di Istria e Dalmazia provocasse la riacquisizione della cittadinanza italiana solo per alcune persone nella stessa famiglia: padri e madri diventavano italiani, i figli maggiorenni rimanevano solo croati, si dovette intervenire con una modifica di legge aggiuntiva per sistemare la stortura. Non è neanche ipotizzabile che la persona che opti per spogliarsi della nostra cittadinanza nei due anni successivi alla maggiore età possa riacquistare la cittadinanza originale dallo stato estero senza accordi specifici, il cittadino italiano naturalizzato con lo Ius soli rimarrebbe "tagliato fuori" dalla possibilità di optare per la rinuncia. Le nazioni che vietano la doppia cittadinanza sono - secondo wikipedia - Danimarca, Estonia, Cina, Giappone, India, Malesia, Singapore, Zimbabwe ed Emirati Arabi Uniti. Anche in questo caso si crea una discriminazione verso categorie di destinatari dell'intervento di legge.
Il terzo aspetto problematico è l'incertezza del destino dei rapporti giuridici, soprattutto per quel che riguarda gli obblighi, una volta che il cittadino italiano già naturalizzato per Ius soli scelga di rinunciare alla cittadinanza nel periodo previsto di 24 mesi. Cosa succede del "sacro dovere di difendere la Patria"? La persona iscritta nelle liste di leva viene cancellata? Cosa succede di eventuali vantaggi economici o legali - come l'assunzione in certe amministrazioni pubbliche - ottenuti in quanto cittadino italiano? Cosa succede se il cittadino si sposa, permettendo al coniuge di acquisire la nostra cittadinanza e poi sceglie di rinunciare alla cittadinanza italiana?
È prevedibile che l'ampio panorama di situazioni lasciate irrisolte porterà a sentenze e pronunce amministrative, interventi della Corte costituzionale e modifiche di legge successivi.
La questione finale, ben più grave delle precedenti e di cui saranno conseguenza, è che una legge ideologica imposta da malintese politiche sociali e demografiche mette in crisi il concetto stesso di cittadinanza della Repubblica italiana.
Nella legge attuale la cittadinanza dipende da fatti determinati e certi: la parentela, il matrimonio, la naturalizzazione con una serie di punti fermi dipendenti dall'individuo e dal suo vissuto da adulto.
Con lo Ius soli la cittadinanza dipende da termini esterni alla volontà dell'individuo adulto e dipendenti da fattori burocratici posti a condizione per legge ordinaria in modo debole. Basteranno successive modifiche di legge, o semplici emendamenti, o interventi della magistratura, per spostare termini che sono di fatto condizioni amministrative. Perché due anni per optare per la rinuncia alla cittadinanza e non tre, o cinque? Gli anni di scuola frequentati possono essere superati nei "diplomifici" con annate multiple?
Tutte le regole dello Ius soli possono essere modificate a volontà, rendendo la cittadinanza una caratteristica burocratica, perché il riferimento è a termini burocratici, per lo più di tempo.
Lo Stato esercita i suoi rapporti diretti con le persone che sono il popolo sul suo territorio. Il popolo è composto da tutti, stranieri, apolidi e cittadini, e le persone dotate di cittadinanza rappresentano un insieme più piccolo rispetto al popolo, un insieme distinto a cui fanno riferimento i rapporti diretti con lo Stato di diritti e di doveri. Tutti nel popolo hanno i "diritti dell'uomo", solo i cittadini hanno i "diritti e doveri del cittadino". Se si considerano i pochi diritti che i cittadini hanno in più rispetto a coloro che cittadini non sono e i molti doveri che ricadono, molto di più, sui cittadini rispetto agli stranieri e agli apolidi, in termini di pressione fiscale, rispetto dei regolamenti e delle leggi, è possibile chiedersi quanto non sia più semplice e conveniente vivere in Italia nella condizione di straniero che in quella di cittadino. Una legge che rende sfumato e temporaneo l'accesso alla condizione di cittadino, e addirittura reversibile, metterà ancora più in dubbio la funzionalità del rapporto tra Stato e popolo, dove i cittadini per Ius soli potranno fare scelte opportunistiche rispetto alla condizione dei cittadini per nascita. Il rapporto con lo Stato attraverso la cittadinanza non è più fattuale e determinato, ma condizionale e modificabile.
Gli antichi dicevano «Civis romanus sum», si va verso un mondo in cui si dirà «Sono cittadino italiano, per adesso...».