Letture - Selvetella, Banditi, criminali e fuorilegge di Roma
Selvetella, Yari, Banditi, criminali e fuorilegge di Roma, Tradizioni italiane, Newton Compton Editori, 2010. Newton Compton ha svolto nei decenni un'opera meritoria nell'editoria romana, fornendo a prezzi interessanti opere di grande divulgazione, spesso con un occhio più attento alle vendite che alle qualità. Quando uno sa che tipo di prodotto ha in mano può comunque spesso concludere che sia valsa la pena procurarselo. Il libro, come tanti altri su Roma, è scritto per impressionare, col sostegno di una buona ricerca storica. I difetti sono una scrittura non sempre accattivante, gli stili diversi, qualche capitolo poco incisivo, come quello su Mario Moretti, servivano ad allungare il brodo. Ritengo più interessanti, tra i vari "banditi, criminali e fuorilegge" il capitolo sulla malavita del 1922, che ci ripota ineressanti notizie sulla gestione dell'ordine pubblico, prostituzione, gioco d'azzardo e droga e quello sulla "banda dell'arancia meccanica". Le droghe non avevano attecchito nella Roma del primo dopoguerra, con un consumo giornaliero riportato di trecento grammi al giorno di cocaina pura, e non erano considerate un problema così serio da dover vedere un intervendo di legge proibizionista, lo dimostra come due francesi poterono aprire legalmente una fumeria d'oppio vicino a Campo dei Fiori, come un qualunque negozio esotico. Mi sono poi tenuto le immagini del capitolo sulla "banda dell'arancia meccanica". Il testo è convinto, con uno stile più intimo e descrittivo della psicologia dei banditi che delle vittime, quasi a parteggiare per la rabbia dei primi e dando una interpretazione di lotta di classe alla vicenda. Come è possibile che per bloccare un fenomeno così grave le forze dell'ordine ci abbiano messo oltre tre anni? Perché la tranquillità della Roma bene che viveva nelle vlle su Cassia e Flaminia non veniva considerato un bene da proteggere, c'erano cose più importanti di cui occuparsi e il terrore del gruppo sociale oggetto degli attacchi non era così importante agli occhi dello Stato. Erano gli anni del terrorismo rosso e nero, della strategia della tensione in pieno spiegamento. La politica aveva paura. Magistrati e poliziotti avevano paura. Allora non è così strano che si lasciasse che anche il generone romano dovesse avere paura. Il crimine è un elemento della società, il controllo del crimine è uno strumento di controllo sociale. |